Togliamo il diritto di voto ai vecchi. Questo ha scritto in sostanza Beppe Grillo nel suo ultimo post provocatorio sul suo blog. "Se togliessimo il diritto di voto agli anziani?", il titolo. Non sarebbe un atto discriminatorio fondato sull’età, la tesi, perché non si tratterebbe di diverso trattamento per esempio per genere, sesso, provenienza etnica ecc…, giacché tutti siamo destinati a diventare anziani, la regola influenzerebbe tutti allo stesso modo. I vecchi hanno di fronte un orizzonte limitato, gli over 65 che non lavorano o prossimi alla pensione sono più di 13 milioni, gli anziani non amano il progresso e votano male, questo lo svolgimento.

"Se un 15enne non può prendere una decisione per il proprio futuro, perché può farlo chi questo futuro non lo vedrà?", la domanda retorica. Grillo cita Douglas J. Stewart, ("Disfranchise the Old", New Republic, 1970), secondo cui "il voto non dovrebbe essere un privilegio perpetuo, ma una partecipazione al continuo destino della comunità politica, sia nei suoi benefici che nei suoi rischi". Snocciola i dati Istat, cita ancora il filosofo ed economista belga Philippe Van Parijs. La sua proposta è quella di "privare il diritto di voto agli anziani, ovvero eliminare il diritto di voto ad una certa età (oppure dare ai genitori voti per procura per ciascuno dei loro figli a carico)".

L’impressione è che della questione se ne riparlerà meno che della proposta di estendere il diritto ai sedicenni di qualche settimana fa. Cioè poco. Sebbene la questione demografica e lo squilibrio fra generazioni in un paese a crescita negativa sia un tema stavolta davvero "epocale". L’espressione "privare il diritto di voto agli anziani", con le varianti ("privare il diritto al voto dei cittadini", "privare il diritto agli anziani"), non è contemplata nella lingua italiana.