Gli italiani non temono la prospettiva di dover viaggiare all’estero per lavoro e sono i primi in Europa per propensione a spostarsi stabilmente in un altro paese in cerca di maggiore successo professionale. Oltre due lavoratori su tre, infatti, sarebbero pronti a emigrare se potessero ottenere un avanzamento di carriera e un miglior equilibrio fra lavoro e vita privata (67%), il 3% in più della media globale e il 12% in più di quella europea. Il 64% si trasferirebbe a fronte di un notevole aumento di stipendio (sei punti in più della media complessiva), mentre il 57% alla ricerca di una carriera più soddisfacente (+4% sulla media mondiale). Sono i risultati dell’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine trimestrale sul mondo del lavoro di Randstad, primo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane, condotta in 34 Paesi del mondo su un campione di 405 lavoratori di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione, che lavorano almeno 24 ore alla settimana e percepiscono un compenso economico per questa attività. Una ricerca che rivela un’ampia disponibilità da parte dei dipendenti italiani a viaggiare e a trasferirsi all’estero per migliorare la propria situazione professionale, ma anche una diffusa apertura alla collaborazione con persone di diverse culture sul posto di lavoro.

Analizzando le mete di destinazione, quasi un italiano su due si trasferirebbe in un paese europeo: in cima alle preferenze c’è la Germania (9%), seguita da Francia, Svizzera e Spagna (8%), Regno Unito (7%), Austria (4%), Belgio (3%), mentre al di fuori del continente le mete più ambite sono Stati Uniti (6%), Australia (5%) e Canada (3%). A livello globale, sono gli Stati Uniti a raccogliere più preferenze, col 10% delle scelte, seguiti da Germania (8%), Regno Unito (7%), Australia (7%), Canada (6%), mentre soltanto il 3% dei lavoratori mondiali emigrerebbe in Italia. La consapevolezza di un mondo del lavoro sempre più globale si riflette nell’apertura ai lavoratori stranieri. All’80% degli italiani piace lavorare con persone di diverse culture e quasi tre dipendenti su quattro (74%) ritengono positivo assumere personale dall’estero se mancano le competenze necessarie, ma la percentuale scende al 60% se si propone l’inserimento di stranieri per sopperire alla mancanza di manodopera. I giovani sotto i 25 anni sono il segmento meno favorevole alla presenza di dipendenti stranieri, soprattutto se qualificati, con percentuali lontane dalla media nazionale (rispettivamente 73%, 59% e 51%).

"L’elevata propensione degli italiani a spostarsi all’estero per dare una spinta alla propria carriera testimonia l’intraprendenza e la consapevolezza da parte degli italiani di un mondo del lavoro sempre più globale, ma rappresenta anche una spia di allarme sulle opportunità offerte dal mercato italiano", afferma Marco Ceresa, amministratore delegato Randstad Italia. "Quasi un italiano su due, il 49%, preferirebbe emigrare piuttosto che cambiare carriera, e ben il 57%, l’incidenza più alta in Europa, sarebbe disposto a trasferirsi in un altro paese su richiesta dell’azienda pur di conservare il posto di lavoro. Un’eccessiva emigrazione dei profili migliori però rischia di tradursi in un impoverimento sociale ed economico del paese. Per evitare questo rischio le imprese devono migliorare le loro strategie di attrazione dei talenti, con piani di carriera, formazione e valorizzazione delle competenze, coinvolgimento dei dipendenti in progetti stimolanti, offrendo equilibrio fra lavoro e vita privata", spiega.

Il 63% degli italiani desidera viaggiare all’estero per lavoro, quattro punti in più della media globale e sei punti della media europea, mentre il 69% è disposto a spostarsi per avere un lavoro interessante, -1% sulla media globale e +13% sulla media europea. Una predisposizione molto più presente negli uomini che nelle colleghe (76% contro 62% e 66% contro 60%) e che cala progressivamente al crescere dell’età dei dipendenti (dal 78% dei 18-24 anni al 59% degli over 55 e dal 71% al 57%), segno che il viaggio di lavoro è strettamente connesso all’attesa dell’affermazione e del successo professionale. C’è però anche una dimensione negativa, legata alla scarsa fiducia nelle opportunità offerte dal mercato del lavoro italiano. Per quasi un italiano su due, infatti, la prospettiva dell’emigrazione è preferibile al cambiamento di carriera (49%), cinque punti in meno della media globale ma ben sette in più della media europea, con poche differenze di genere ed età, ad eccezione della fascia 35-44 anni (38%).

Il 57% dei dipendenti, inoltre, sarebbe disposto a trasferirsi in un altro paese su richiesta dell’azienda per non perdere il posto di lavoro, una percentuale molto superiore alla media dell’Europa centro-settentrionale (41%), orientale (35%), e meridionale (51%). Ad ogni modo, gli italiani non sognano solo una carriera lontano da casa. Potendo scegliere, ben il 72% vorrebbe trovare impiego in un’azienda facilmente raggiungibile a piedi o in bicicletta, quattro punti sopra la media globale. Un risultato in parziale controtendenza con le altre risposte, che si spiega anche con una crescente attenzione alla sostenibilità.