Sono diventato nostalgico (ovviamente lo dico in senso non politico). La settimana scorsa vi parlavo del Liceo Umberto I di Napoli e di Leopardi. Retrocedo un po’ per parlare della scuola elementare: la mia si chiamava Edmondo De Amicis, il nome del celebre autore del libro Cuore, che giá leggevamo in quinta elementare. Molti sono i racconti, che ancora si ricordano del libro, ma di tutti il piú celebre é forse "Dagli Appennini alle Ande", che narra la storia di Marco, un ragazzino che viaggia al Rio de la Plata, alla ricerca della madre emigrata per soccorrere la famiglia in Italia con le sue rimesse.

De Amicis sapeva cosa scriveva nella storia, pubblicata nel 1886, perché in Argentina c’era veramente stato due anni prima. Infatti l’11 marzo 1884 lo scrittore si imbarcò a Genova sul piroscafo Nord America, per raggiungere Buenos Aires, dove fu chiamato per tener un ciclo di conferenze. Quel viaggio fu propizio affinché De Amicis esplorasse la vita di una delle piú importanti comunitá italiane all’estero. L’impatto con quel mondo "italiano fuori dall’Italia" si tradusse in diversi suoi scritti: il libro In América (1887), il romanzo Sull’Oceano, del 1899 (che, in un primo tempo, De Amicis intitoló I nostri contadini in America) , e una serie di testi, che descrivono la vita quotidiana delle comunitá di emigranti italiani e le loro abitudini nell’America meridionale.

Luigi Cepparrone, noto letterato ed etnografo italiano, ha segnalato l’impegno e l’interesse di De Amicis rispetto alle dinamiche sociopolitiche del suo tempo, in uno studio in cui mette a fuoco un «altro De Amicis», un De Amicis meno consensuale che prende posizione affrontando problematiche dell’Italia postrisorgimentale. De Amicis, scrive Cepparrone, illusta "i temi della frontiera sudamericana come luogo di confronto e di scontro tra diverse forme di civiltà: quella degli europei, quella dei nativi e quella di figure tradizionali come i gauchos.

Da questa nuova lettura dei testi emerge un’immagine delle colonie degli emigranti come luoghi in cui i nostri contadini acquisivano nuovi diritti di cittadinanza e maturavano una nuova identità nazionale. Le colonie si proponevano così come un’«altra Italia», dove avveniva la trasformazione dei contadini da sudditi a cittadini. De Amicis è però affascinato anche dalla pampa tradizionale, che presenta come un mondo esotico. Il "nuovo mondo" ai suoi occhi si trasfigura in un mondo primitivo, se non addirittura primigenio, un’alba della civiltà a cui egli guarda con nostalgia".

Naturalmente l’espressione piú nota di questa esperienza é il celebre racconto "Dagli Appennini alla Ande", in cui raccoglie molte di quelle immagini, che avevano provocato la sua attenzione nel viaggio al Rio de la Plata. Marco vuol raggiongere la madre, andata due anni prima a Buenos Aires, per mettersi a servizio di qualche casa ricca, e guadagnar così in poco tempo tanto da rialzare la famiglia, la quale, per effetto di varie disgrazie, era caduta nella povertà e nei debiti. La povera madre - ci dice De Amicis - aveva pianto lacrime di sangue al separarsi dai suoi figliuoli, l’uno di diciott’anni e l’altro di undici; ma era partita con coraggio, e piena di speranza.

E il viaggio di Marco si trasforma in una specie di "road movie", che lo porterá prima a Buenos Aires, poi a Rosario e a Cordova (con la "v"). Percorre gli spazi enormi dell’Argentina, fino a raggiungere Tucuman, da "dove vedeva davanti a sé una catena di montagne altissime, azzurre, con le cime bianche, che gli rammentavano le Alpi, e gli davan come un senso di ravvicinamento al suo paese. Erano le Ande...". La storia di Marco, dolorosa (ma a lieto fine), é anche lo spunto per conoscere come vivevano e come "sentivano" gli Italiani dell’Argentina alla fine dell’800.

E’ una storia inventata, ma con tante veritá cosí ben descritte, che la rendono vera: le belle storie inventate sono sempre espressione di grandi veritá. Vale la pena - anche solo per curiositá - la sua rilettura. E a proposito di De Amicis: quanti sanno che a Montevideo c’é una Scuola statale che si chiama "Edmondo De Amicis", proprio come la mia vecchia scuola elementare di Napoli? E’ opportuno ricordarlo a una comunitá che ogni volta ha meno memoria.

JUAN RASO