Il dibattito sulla legge di bilancio avanza tra veti e ricatti, dando la sensazione che sia inutile commentare ciò che domani potrebbe cambiare, spesso senza un perché diverso dalla dimostrazione del potere contrattuale dei singoli componenti la maggioranza di governo. Questo rende probabile se non certo che anche quanto mi propongo di scrivere diventi obsoleto in poche ore. Non trovo grande discontinuità in questo modo di affrontare la legge di bilancio, se mai una conferma, dolorosa, che ben poca progettualità caratterizza l’attuale maggioranza, ma ancor più che timidi tentativi di innovazione vengano immediatamente ricacciati nel "meglio conservare"; mi riferisco in particolare alle due misure sulla plastica monouso e sulle bevande addizionate da zuccheri. Seguendo le cronache sembra che si stia per scatenare una tragedia irreparabile, che investe perfino future competizioni elettorali, così si annunciano sia le battaglie che i rimedi.

Il primo rimedio è far slittare la riduzione fiscale per i lavoratori, proposta non nuova nella tenzone sulla legge di bilancio, ripescata ogni qual volta si vogliono garantire interessi parziali. Ancora non si vuol capire che non ci sarà crescita men che meno sostenibile se si continua ad avere come strategia quella dei bassi salari. Ma ancora ci si costringe in quella strettoia reazionaria che di tasse si può parlare solo per diminuirle o appiattirle, negando funzioni, invece essenziali, di progressività e ridistribuzione nonché di indirizzo delle politiche del paese. Veniamo al merito delle critiche. Sulle bevande zuccherate vari osservatori hanno sottolineato che si tratta di un imposta regressiva, vero perché non c’è smentita possibile all’accoppiata povertà - cattiva alimentazione e aggiungerei low cost. Fermarsi a questo argomento per lasciare tutto com’è, è di un cinismo imbarazzante. Infatti la critica che bisognerebbe fare è che non è accompagnata da altri provvedimenti che favoriscano una politica dell’alimentazione che potrebbe avvalersi per esempio di scelte nel sistema d’istruzione con il tempo pieno diffuso e il relativo servizio mensa.

Ciò che colpisce di più è questo rifiuto ad alzare lo sguardo, penso al sistema cooperativo che dovrebbe ricordarsi di non avere come fine esclusivo il profitto e che potrebbe essere precursore di produzioni non edulcorate, ben più di quanto non faccia. Ancor più surreale è il dibattito sulla plastica, alterniamo la campagna della raccolta della plastica negli oceani al siamo grandi produttori quindi difendiamo. Un istinto protettivo del sistema produttivo che argomentato così ne determina il rapido declino e la sua obsolescenza. Infatti il consumo di plastiche monouso sta diminuendo per libera e consapevole scelta dei consumatori, basta fare un giro nei supermercati per vedere come sono già cambiati gli assortimenti. È uno di quei casi in cui non sono i produttori che determinano il mercato, ma vengono invece indotti a innovare, cambiare le loro produzione, pena l’uscita dal mercato. Rimarremo grandi produttori solo se sapremo cambiare i prodotti e non proteggendo lo status quo.

La legge di bilancio contiene peraltro anche una norma sul credito d’imposta per le imprese che decidono di innovare processo e prodotti. Infine mi si potrebbe far notare che anche dal sindacato, anche dalla Cgil si levano voci preoccupate e contrarie a queste norme e ben ne capisco il senso. L’incertezza e la preoccupazione per il futuro e la stabilità del proprio lavoro è la cifra dell’epoca della precarizzazione e della crescita del lavoro povero, dell’emigrazione dei giovani, dell’assenza di strumenti per governare il cambiamento tecnologico. Tutti rammentano come sia stata contrabbandata per modernità ed innovazione la licenziabilità senza giusta causa. Come sia stata sposata l’idea che non fossero ricerca, innovazione e formazione le debolezze strutturali del nostro sistema produttivo, ma le tutele del lavoro. I lavoratori si sentono soli e vulnerabili e non aiuta la fiducia la litania del rinvio della riduzione del carico fiscale sulle retribuzioni. Un corto circuito che ancora una volta allontana, sbiadisce, tradisce la possibilità di riformare positivamente il nostro paese, come se il futuro potesse essere ridotto a molti contanti in tasca di chi può.

SUSANNA CAMUSSO

SINDACALISTA, GIÀ SEGRETARIO GENERALE CGIL