Il segnale è inquietante. Siamo davvero alla frutta, l’Italia è alla frutta. Il Paese dell’onestà sparita, praticamente a qualsiasi livello. Abbiamo imboccato una sorta di dirittura finale, la deriva sembra ad un passo. Pare non esista categoria, in Italia, in grado di affrancarsi da corruzione, sporcizia, bassezza morale. Compresa questa, una vicenda presente fino al recente passato solo nel cinema. Sì, un film di spionaggio. Succede infatti di dover constatare la caduta nella melma di un appartenente alla categoria popolata storicamente da persone integerrime: quella degli ambasciatori, che dovrebbe essere immune da lerce tentazioni. Rappresentata nella fattispecie da una persona titolare di un incarico prestigioso, già in servizio a Montecarlo. Antonio Morabito, 64 anni, è attualmente alla direzione generale per la promozione del sistema Italia del ministero degli Esteri. La Guardia di Finanza indaga su di lui, all’epoca ambasciatore a Montecarlo. Pesante l’accusa: "Sfruttava il suo incarico per passare notizie agli investitori cinesi".

Un’accusa grave, pesante come un macigno. E infamante: "Per le sue prestazioni pattuiva una cifra fissa e riceveva bonifici da cinque a settemila euro al mese". L’ambasciatore Morabito si faceva pagare decine di migliaia di euro in cambio di notizie su aziende italiane in vendita o in difficoltà. Aziende che necessitavano di finanziamenti dall’estero. In alcune occasioni i soldi gli venivano versati direttamente sul conto personale; in altre trasferiti su schede ricaricabili. Alcuni dei suoi viaggi sarebbero stati pagati in Inghilterra. Come pure, a quanto risulta, anche l’affitto di un appartamento del figlio a Manchester. Accuse pesanti per il già ambasciatore presso il Principato di Monaco fino all’aprile del 2005. È indagato dalla Procura di Roma, che nei giorni scorsi gli ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini. Con lui sono finiti nei guai cinque procacciatori di affari. Quattro italiani e un cinese, che lo hanno pagato sottobanco. La lista bei benefit contestati è molto lunga. Il diplomatico era riuscito a intrufolarsi in un giro di danarosi investitori cinesi intenzionati a realizzare affari in Italia. Un business miliardario. Suo interlocutore di fiducia Angelo Di Corrado, anche lui indagato.

Sei miliardi di euro sarebbero stati stanziati per lo "shopping aziendale cinese". L’ambasciatore Morabito metteva in contatto gli intermediari asiatici con gli imprenditori italiani, favoriva i rapporti, chiamava i suoi colleghi connazionali in giro per il mondo. Telefonava agli omologhi stranieri per creare contatti. Versace e Huawei sono due delle aziende citate nel provvedimento firmato dal pubblico ministero Giuseppe Deodato e dalla Guardia di Finanza. Secondo le accuse, l’ambasciatore è stato pagato da alcuni imprenditori italiani interessati a vendere una tecnologia al colosso cinese delle telecomunicazioni. In cambio, il commercialista italiano al quale aveva fornito il contatto, oltre a una serie di bonifici e alcuni viaggi, avrebbe pagato per diversi mesi il canone di affitto del figlio di Morabito. Studente universitario a Manchester. Intercettato dalla Fiamme Gialle, il diplomatico avrebbe detto: "Queste cose le restituirò". Il professionista risponde: "Ma figurati, non è un problema Antonio".

L’avviso di conclusione indagini è un vasto elenco di bonifici mensili da 5mila a 7mila euro. Il pm si richiama nel provvedimento al fatto che il diplomatico "sfruttando il suo ruolo al ministero, asservendo la sua funzione e commettendo atti contrari ai suoi doveri…". Agli atti sono presenti le telefonate di chi gli chiede un referente in Ferrari. E quando Di Corrado, da lui screditato presso Fincantieri, rientra tra i preferiti del colosso delle costruzioni navali, promette all’amico ambasciatore un premio da "circa un milione di euro l’anno per noi". I guadagni extra erano un’abitudine, per Morabito. Il diplomatico non nuovo a pasticci e incidenti di percorso: sfiorato anche lui dall’inchiesta che portò in carcere l’ex ministro Claudio Scajola con l’accusa di avere favorito la latitanza dell’ex deputato Amedeo Matacena.

Morabito non si sarebbe limitato solo alla Cina. Si adopera anche su Costa d’Avorio, Gambia, Malì e Senegal. Interventi ripetuti finalizzati ad aiutare un’azienda che commercia rottami. Come e in che modo? Mettendo i suoi vertici in contatto con gli ambasciatori in Italia della Costa d’Avorio, del Marocco, della Spagna e del Senegal. Partecipa personalmente a incontri e viaggi. Con quale tornaconto? Bonifici in serie e l’imprenditore Nicolò Corso che compra 200 copie del libro "Valigia diplomatica", opera appunto del diplomatico imbroglione. Promette di acquistarne altri, di libri, e assicura il coinvolgimento di tutti i suoi amici per fargli ottenere un record di vita. E per lui, l’ambasciatore Antonio Morabito, introiti poderosi a gonfiargli le tasche.

Franco Esposito