Ironia al veleno e insulti a vario titolo hanno scandito la vicenda, tutta italiana anche questa, dell’ex ministra moglie di un ufficiale dell’Esercito. Un graduato al servizio di un generale nominato proprio da lei nel periodo in cui è stata alla guida del ministero della Difesa. Elisabetta Trenta, l’ex ministra ai tempi dello sciagurato binomio Di Maio-Salvini del governo etichettato come Conte 1.

Abita a Roma, appartamento in zona San Giovanni, in via dell’Ambaradan, quattro vani, un salone doppi servizi, bella vista e garage. Sapete quanto le costa (o costava)? 141 euro al mese per un immobile che, al minimo delle valutazioni di mercato, vale più di 3000 euro al mese. Evidentemente opportunista e chiara approfittatrice in forza del ruolo ministeriale che occupava, aveva detto di versare 540 euro di fitto per ogni mensilità. Sarebbe stato sempre meno di niente, a fronte del valore dell’immobile. Ma l’Italia, questo nostro sventurato Paese in mano ai rivolta-frittate, produce anche storie come questa.

Davvero una brutta storia. Questa: l’appartamento vicino a piazza San Giovanni in Laterano è stato assegnato dalla Difesa come alloggio di servizio. Grande centoventi metri quadri, era occupato dall’ex ministra dal 19 aprile 2019, e ancora oggi, cinque mesi dopo la caduta del governo giallo-verde. Elisabetta Trenta si era trasferita in centro dalla casa di proprietà al Pigneto. Ma dopo le dimissioni non ha inteso lasciare l’appartamento. Alla fine del suo mandato la location è stata assegnata al marito, Claudio Passarelli, maggiore dell’Esercito. La Procura militare di Roma sta svolgendo indagini sulla pratica di assegnazione. I vari passaggi sono avvenuti sotto una tempesta di polemiche. Soprattutto di accuse verso l’ex ministro della Difesa.

Il Movimento Cinque stelle non ha lesinato strali nei confronti della appartenente al movimento. Bersaglio ovvio e scontato di velenose frecciate, tacciata di comportamento arrogante e irregolare, la Trenta ora annuncia che lascerà l’appartamento. "Mio marito ha presentato istanza di rinuncia". Ma ce n’è voluta prima che l’ex ministra decidesse di rinunciare. Se le era inventate tutte per parare i colpi che le arrivavano da ogni parte e giustificare la legittimità dell’occupazione del prestigioso appartamento. Ha deciso di ritornare alla casa di proprietà al Pigneto prima che il M5S la mettesse fuori dal Movimento.

"Sono stata trattata male, ma non abbandono la mia idea di politica e di vita". Lei ancora con i Cinque Stelle ha evitato il rischio di essere sbugiardata in Parlamento. Si è arresa all’evidenza, per quanto riguarda l’appartamento in San Giovanni, e ha parlato anche a nome del coniuge. "Traslocheremo, ma tengo a dire e a ripetere che era tutto regolare". Secondo lei, ex ministra della Repubblica, e solo secondo lei. "Nulla ci fa sentire in imbarazzo, rinunciamo per salvaguardare la serenità della famiglia. Spero che questo atto d’amore serva a tacitare la schifezza mediatica che è caduta su di me".

Ammesso e non concesso che di schifezza si sia trattato, sarebbe opportuno che lei spiegasse in base a quale diritto certificato lei e il consorte dovessero godere di un alloggio di servizio? Godere del vantaggio, laddove per questo tipo di alloggio militare vige una graduatoria. È stata rispettata? A naso, pare proprio di no. Elisabetta Trenta, poverina, manifesta il proprio disappunto. "Dispiace che prima di parlare e giudicare nessuno abbia chiamato per chiedere come stanno le cose. La mia faccia è pulita, non smetterò di fare politica. Ho parlato con Di Maio, credo che abbia capito le mie ragioni".

Sarà l’indagine amministrativa avviata dallo Stato maggiore, unitamente con quella della Procura militare, a stabilire se la procedura seguita sia stata corretta. Ovvero il trasferimento dell’immobile di servizio dalla moglie non più ministro al marito, nominato aiutante di campo del segretario generale della Difesa poco ore dopo l’uscita di Elisabetta Trenta dal Governo. La legge prevede che l’ex ministra disponga di novanta giorni per liberare l’appartamento.

Si è ben guardata dal farlo. Il 2 ottobre la pratica è stata chiusa e le carte relative alla casa sono state intestate al marito. Il maggiore Passarelli – secondo lo Stato Maggiore – aveva dichiarato di possedere un immobile a Roma e un altro a Campobasso. La doppia proprietà, ai fini dell’assegnazione, non rappresentava motivo ostativo. In quanto il personale titolare di alloggio Asi può usufruire di un appartamento di servizio per disponendo di proprietà alloggiativa nella stessa circoscrizione". Dovendo comunque rispettare una graduatoria, in sede di assegnazione. Vale in ogni caso, anche per l’immobile della discordia e dello scandalo con canone mensile di 141,76 euro più 173,19 per l’utilizzo del mobilio. Ovvero, 345,96 compreso l’arredamento. Una colossale pacchia.

di FRANCO ESPOSITO