Non c’è bisogno di riscoprire che in un lontano passato Beppe Grillo aveva chiesto la tessera del Partito Democratico per trovare la spiegazione della sua scelta di rilanciare l’alleanza tra il Movimento Cinque Stelle ed il partito guidato da Nicola Zingaretti e di ribadire la sua piena fiducia nel capo politico del Movimento, Luigi Di Maio.

Grillo sarà pure un nostalgico della vecchia unità delle sinistre ma le sue indicazioni di sabato scorso, quella in favore dell’alleanza con il Pd e quella della riconferma della leadership di Luigi Di Maio, sono state assolutamente obbligate. Il fondatore del Movimento, in sostanza, non poteva fare altrimenti. E non solo perché se lo avesse fatto avrebbe provocato automaticamente la caduta del Governo giallorosso spalancando sotto i piedi del M5S il baratro di elezioni anticipate a cui partecipare nel pieno di una devastante crisi del vertice e di malcontento e di smarrimento della base. Ma anche perché se avesse voluto mettere da parte Di Maio correndo il rischio della fine della legislatura non avrebbe saputo con chi sostituirlo.

Il problema dei Cinque Stelle, infatti, è che sicuramente l’attuale ministro degli Affari Esteri è un capo in precipitoso declino. Ma è ancora di più, sicuramente, che tra i tanti aspiranti al suo ruolo non c’è nessuno in grado di prenderne il posto nel ruolo di leader massimo. Non è un caso che tra i suoi critici neppure uno si propone come alternativa ma tutti manifestano il loro malcontento per il capo azzoppato dai suoi errori proponendo una guida collegiale formata dagli esponenti delle diverse anime del movimento.

Certo, ci sarebbe Alessandro Di Battista. Ma sostituire Di Maio con il rappresentante più qualificato della componente movimentista avrebbe avuto la stessa conseguenza dell’annuncio della rottura del patto di governo con il Pd con annessa crisi di governo ed elezioni anticipate. Per cui a Grillo non è rimasto altro che puntellare Di Maio e riconfermare l’alleanza con la sinistra fino al termine della legislatura. Nella speranza che nel corso degli anni di permanenza al governo la base grillina maturi e comprenda che il suo destino è di diventare a tutti gli effetti una costola della sinistra in una Italia tornata ad essere definitivamente bipolare.

ARTURO DIACONALE