Un regista scomodo e politico come Gianni Amelio si lancia ora nell’interpretazione di Bettino Craxi e lo fa con l’ausilio di uno dei più grandi attori italiani contemporanei, Pierfrancesco Favino. La somiglianza è talmente impressionante da chiedersi se l’uomo ritratto nelle prime immagine del film non sia il vero Bettino Craxi, resuscitato, a tanti anni dalla sua scomparsa avvenuta a Hammamet il 19 gennaio 2000, all’età di 66 anni. Rimodellato da esperti truccatori, l’ex segretario del Partito Socialista è in realtà Pierfrancesco Favino che, dopo la prova del "Traditore" di Marco Bellocchio nel ruolo di Tommaso Buscetta, si cimenta ora come protagonista assoluto in "Hammamet", come si chiama l’ultima fatica di Gianni Amelio, che arriverà nella sale il 9 gennaio e si candida ufficialmente come il titolo più atteso del nuovo anno.

Il film, che si concentra sugli ultimi sei mesi di vita di uno dei leader più discussi del Novecento italiano, non è né una cronaca fedele né un pamphlet militante ma, come ha spiegato il regista calabrese, soltanto la versione di una storia che meritava di essere raccontata, il ritratto intimo di un uomo che lotta per un’ideale e fatica a mantenere il potere tra le sue mani. "Hammanet", però, è un thriller, una storia che insiste su tre caratteri fondamentali: il re caduto, la figlia che lotta per lui e un terzo personaggio, un ragazzo misterioso, che si introduce nel loro mondo e cerca di scardinarlo dall’interno. Quindi un film che non vuole essere una biografia ufficiale o ufficiosa, bensì una finzione innestata sulla storia vera, quella di Hammamet, il luogo estremo e lontano dove Craxi finì i suoi giorni terreni in esilio.

Quindi la narrazione di quel passaggio della gloria del potere alla lontananza forzata, che è stato un po’ il destino di tanti protagonisti del Risorgimento, tanto amato dall’ex statista italiano. Ad aggiungere una certa attesa c’è il fatto che il film è stato girato nei luoghi precisi dove si consumarono gli ultimi anni dell’ex premier italiano, a cominciare proprio dalla casa tunisina di Craxi, dove si spense venti anni fa, solo, abbandonato, esiliato, dimenticato, consumato dal diabete e dal tumore. Oltre a Favino, del cast fanno parte Livia Rossi, Luca Filippi, Renato Carpentieri, Claudia Gerini e Silvia Cohen. Di Bettino Craxi, ovvero di 'Hammamet' di Gianni Amelio che lo vede protagonista, Pierfrancesco Favino non anticipa quasi nulla: "Craxi? È bene sia Gianni a parlarne per primo. Io posso solo dire della trasformazione per incarnarlo, penso di essere l’attore adatto, perché riesco a trovare una verità intima e profonda nell’oggettivare me stesso. Non ho mai creduto che trasformazione sia imitazione, nonostante mi ci abbiano spinto Orazio Costa e Luca Ronconi. Un bambino per conoscere il mondo lo diventa, si fonde con l’esperienza, niente svela di più l’attore che non la maschera neutra, perché sei a contato con la tua neutralità".

Favino aveva già interpretato personaggi importanti della storia italiana, oltre a Buscetta: era già successo in "Romanzo di una strage" (2012) di Marco Tullio Giordana, dove l'attore romano aveva vestito i panni dell'operaio Giuseppe Pinelli, morto quattro giorni dopo la strage di piazza Fontana. Secondo il figlio di Craxi, l’ex parlamentare Bobo, "i trucchi fan miracoli, ma sarei più scioccato favorevolmente nel rivedere mio padre. I film non devono rendere giustizia, devono raccontare delle storie. In questo caso, quella di Gianni Amelio, sicuramente è una storia più fantastica che cronachistica. Per noi la vicenda di mio padre è stato un dramma personale molto grande e non ci si consola con un'oretta e mezzo di spettacolo. Il dramma è anche dell'Italia, un paese che da allora non si è più ripreso. Il film sarà una bella storia di avventura umana e politica di un uomo la cui vita vale la pena di raccontare".

Il cinema italiano sembra trovare nuova linfa dalle sue controverse vicende politiche deli ultimi decenni. Il rapporto tra cinema e politica è iniziato molti anni fa, nel 1976, con "Todo Modo" di Elio Petri, metafora e allegoria della Democrazia Cristiana e dei suoi principali esponenti con Gian Maria Volonté nei panni di Aldo Moro. Di nuovo Moro sarebbe stato reinterpretato da Volonté ne "Il caso Moro" (1986) di Giuseppe Ferrara, sul rapimento e all'uccisione dell'onorevole pugliese da parte delle Br. Poi, a partire dagli anni Novanta, si è registrata una vera e propria bulimia di pellicole ispirate in maniera più o meno diretta a personaggi della politica: Nanni Moretti nei panni del cinico ministro socialista Cesaro Botero nel film "Il portaborse" (1991) per la regia di Daniele Luchetti. E poi Silvio Berlusconi raccontato in modo più o meno romanzato nel film "Il Caimano" (2006) di Nanni Moretti e in maniera più romanzata in "Loro" (2018) di Paolo Sorrentino. Dieci anni prima, Sorrentino aveva raccontato nella pellicola intitolata "Il divo" la parabola politica di Giulio Andreotti.

Matteo Ferrari