Risolto l’enigma legato a una questione secolare. Il nome del costruttore della Torre di Pisa, monumento in assoluto tra i più famosi al mondo. Un affascinante mistero che ha incuriosito visitatori di tutte le età, quei turisti che a frotte si soffermano davanti alla torre pensante e che in tanti la scalano fino alla sommità. Chi l’ha concepita questa rarità, un capolavoro rimasto senza il nome dell’autore per secoli?

Siamo ora in grado di conoscere la risposta grazie a una ricercatrice fiorentina docente di Paleologia latina all’università Normale di Pisa. Giulia Ammannati ha ricostruito dai pezzi mancanti la frase probabilmente scolpita nella pietra che si trova all’ingresso della Torre di Pisa. La scritta, nella sua integrità, poteva essere "Maginficum sui certus opus condens statui unum/ Pisanus civis Bonannus nomine dicor". Una sorta di firma, autografo in calce alla straordinaria opera. Tradotta suona precisamente così: "Io che sicuro ho innalzato, fondandola, un’opera mirabile sopra ogni altra, sono il cittadino pisano chiamato Bonanno".

La scienziata Giulia Ammanati ha dato un nome al papà della Torre Pendente. Secondo l’ipotesi della ricercatrice a realizzare il celebre monumento è stato lo stesso bronzista che ha realizzato anche la porta regia di San Ranieri del Duomo di Pisa, anch’esso in piazza dei Miracoli, E delle cattedrali di Monreale e di Palestra. Bonanno Pisano, scultore e architetto, fu operativo nell’ultimo quarto del XII secolo. La scoperta dell’Ammannati riprende un’antica tesi di Giorgio Vasari. Il quale, evidentemente, aveva pienamente ragione. Nelle "Vite", il Vasari faceva il nome di un Guglielmo tedesco, di cui non specifica altro, e di Bonanno Pisano. "Un’attribuzione allora molto dibattuta, e anche in seguito", spiega Giulia Ammannati. I dubbi, ai tempi, seminavano e superavano le certezze di gran lunga. Gli scettici ampiamente in sovrannumero.

Iniziati nel 1173, i lavori di costruzione della Torre si interruppero al terzo piano. Il terreno cede e la cosa sembra risolversi. Nel senso che viene abbandonato il cantiere e sempre più chiara e manifesta si presentano i connotati del flop. Palese il fallimento, tout court. L’opera verrà completata duecento anni più tardi. Tra le cose ritrovate nel 1838, durante i lavori sulle fondamenta, fu ritrovata una lapide con scolpite delle parole al contrario di Bonanno Pisano. "Era il calco", rivela la studiosa presso la Normale di Pisa, "una matrice per una fusione". La verità è anche un’altra: i ricercatori si sono fermati al nome e quella pietra venne ritenuta un’epigrafe. Si pensò che da quelle parti fosse sepolto lo scultore. Laddove Giulia Ammanati, in qualità di studiosa e ricercatrice, sostiene che "proprio Bonanno ha realizzato ed eseguito tutti i primi lavori della Torre".

Vasari, in definitiva, aveva visto e scritto giusto. La tesi cinquecentesca era buona, corretta, precisa. I primi segnali la ricercatrice aveva avanzato la sua ipotesi sul mistero un anno fa, in occasione di un lavoro scientifico, E lo ha ribadito adesso in un libro di recente pubblicazione. Titolo, "Menia Mira Vides"- Il Duomo di Pisa, le epigrafi, il programma, la facciata", edito da Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali. Il mistero sull’artista autore della Torre di Pisa viene diluito dalla scienziata Giulia Ammannati in una teoria. "Da esperto bronzista qual era, Bonanno Pisano volle firmare in bronzo". Condizionato e scoraggiato dalle avversità proposte dal destino, Bonanno Pisano non mise mai in opera la firma. Quella matrice fu poi abbandonata "fra i materiali di cantiere e i detriti alla base dell’opera". La Torre di Pisa aveva intanto cominciato a pendere. Si pensò quindi a un fallimento totale. Nessuno osò pensare che quello era un monumento da firmare. Invece è autografato. La scoperta va attribuita in pieno agli studi, alla tenacia e all’ostinazione della studiosa fiorentina docente a Pisa. Decifrare è bello, non e solo un’arte. E meno male che c’è lei.

Franco Esposito