Maiali, tortellini, meloni (con la minuscola), pizza, wurstel… Sono i riferimenti alimentari, le cronache alimentari di giornata, le parole di roba da mangiare nei titoli di giornata di appena una manciata di siti e quotidiani. Se poi li si dovesse esplorare tutti, i siti e le home page, allora i generi alimentari citati e chiamati in causa riempirebbero gli scaffali forniti di un super market, di una dispensa, di una trattoria. Così parla e così si parla di politica al tempo… al tempo di chi e cosa è difficile dire, al tempo di tutti noi qui e oggi. Maiali, tortellini, meloni, pizza, wurstel e culatello e formaggi dop e doc e grana e parmigiano e lambrusco…questi nei giorni della campagna elettorale per il voto in Emilia i testimonial, gli argomenti, gli spot. La politica, in particolare la cosiddetta Bestia, l’algoritmo più umani che decidono cosa deve dire e mostrare la propaganda di Salvini, ha deciso così perché l’Emilia è storicamente terra del buon mangiare? Se così fosse, sarebbe disperante. Una cosa così stupida non può essere. O forse sì, possibile che l’equazione Emilia si mangia bene diventi parliamo di cibo e ci votano? No, non può essere così scioccamente semplice. E poi la tendenza non riguarda solo l’Emilia, qui e oggi. E’ da tempo che s’avanza la tendenza. Qualche capo propaganda deve aver osservato il gran consumo di chef in tv, il buon andamento di reality intorno ai fornelli, la domanda su carta e via social di come cucino, come mi cibo e la montante opinione che spinge alla ricerca del cibo medicina universale oppure alla fuga dal cibo malattia. Qualche capo propaganda che osserva i trend d’opinione e comportamento deve aver detto prima a se stesso e poi ai suoi: parliamo di cibo, la gente ci sta a sentire, si riconosce, si immedesima. Già, ma come, in qual modo, con che tono parlare di cibo e risultare simpatici, come entrare in empatia parlando di cose da mangiare? In maniera pedagogica-scientifica, tipo incarnare l’uomo (o la donna) che mangia corretto? Che palle (difficile rendere meglio che con l’espressione che palle, parole tolte di bocca al popolo) sarebbe stato l’effetto. Tono salutista no, penitenziale peggio che mai (nonostante recentissimo censimento di tre milioni tre di italiani anoressici, uno su quattro maschio). Allora? Allora facile: tono trimalcionico. Cioè divertito e complice invito all’uso edonistico del cibo. Noi uomini di panza, noi donne di casa, noi che mangia e bevi che ti passa, noi che ci piace e chi se ne frega… La fase orale della politica, la fase orale della propaganda. Pare funzioni, sembra sia gradita, la adottano in tanti, fa breccia nella comunicazione. E’ perfetta e a misura per il cittadino bambino.

LUCIO FERO