Nata e sviluppata in Italia ma costruita e sfruttata altrove, uccisa, scacciata dall’italica burocrazia e dai comitati del no-a-tutto. E’ la tecnologia solare termodinamica. Quella che un paio di secoli prima di Cristo aveva inventato un certo Archimede a Siracusa e che poi, in tempi più recenti, il fisico Carlo Rubbia aveva trasformato in una bandiera dell’innovazione italiana. Non il sacro Graal dell’energia, ma una tecnica in grado di produrre elettricità dal sole, senza inquinare, con un procedimento diverso dal fotovoltaico. Milioni e investimenti letteralmente buttati nel gabinetto mentre altrove, in Spagna, in Cina, in Australia e in Marocco, viene realizzata. L’epitaffio sull’infelice esperienza del solare termodinamico, che molto dice del nostro Paese e di chi lo abita, lo ha messo l’Anest, l’associazione imprenditoriale di categoria, che pochi giorni fa si è riunita in assemblea e ha deliberato il suo scioglimento. Una presa di coscienza amara e soprattutto costosa per chi aveva investito nel settore. Settore in cui sono stati gettati 300 milioni di investimenti, privati, che oggi sono semplicemente persi. O peggio, sfruttati da altri. Dai Paesi che in barba ai nostri ‘no’ e alle nostre carte bollate hanno intravisto un’opportunità in questa tecnologia ‘alternativa’. Prima di conoscere i carnefici del solare termodinamico italiano proviamo a spiegare cos’è. E’ quella tecnologia per cui i raggi solari, a differenza di quanto accade nei normali pannelli fotovoltaici, dove il silicio colpito dal sole produce elettricità, vengono concentrati attraverso degli specchi e il loro calore sfruttato per scaldare dell’acqua il cui vapore azionerà delle turbine. Una delle possibili alternative green, aggettivo molto di moda al momento, alle fonti fossili. Non la soluzione all’inquinamento ma uno dei possibili modi per tentare di ridurre le emissioni specie laddove, è ovvio, l’irraggiamento solare è forte. Nel 212 avanti Cristo con questa tecnica la città di Siracusa incendiò la flotta del console romano Marco Claudio Marcello e oggi, due millenni e passa dopo, la stessa tecnica è affondata dalla burocrazia, dalle carte bollate, dai Tar e dagli ecologisti della domenica pronti sempre e comunque a dire no, no e ancora no, senza davvero ragionare su quello che accade intorno a loro. Dei 14 progetti presentati negli ultimi 10 anni nessuno ha visto la luce e solo 2 sono riusciti ad arrivare all’autorizzazione, in Sicilia, ad Aidone e a Gela, anche se dove dovrebbero sorgere è tutto più che fermo. Questo perché ovunque si provi a costruire si va a sbattere contro i comitati locali: "devasteranno il nostro territorio", "non è questo il modello di sviluppo che vogliamo". Frasi fatte e vuote, più simili a rumore che a idee sentite anche in quella Sardegna che ha detto no al solare termodinaco per proteggere il latte delle pecore, quello che ricorderete sversato nelle strade dai pastori perché il suo prezzo di mercato era troppo basso, e quella Sardegna che ha autorizzato il gasdotto per l’energia di cui, giustamente, ha bisogno. Ma frasi e comitati che puntualmente vengono blanditi e coccolati dalla politica locale e nazionale sempre alla disperata ricerca di consenso elettorale. E così da anni, spiega chi ha tentato di operare nel settore, manca il seppur annunciato decreto denominato Fer2, cioè il sistema di incentivazione di queste tecnologie sperimentali. Rubbia, premio Nobel per la Fisica, nel frattempo ha gettato la spugna e ha portato le sue idee in Spagna, dove sono state realizzate 40 centrali da 50 Mwe.

RICCARDO GALLI