Una volta si sarebbe detto semplicemente "più missionaria", ma forse la Chiesa che Papa Bergoglio ha ritoccato anche ieri con due riforme apparentemente minori assume le caratteristiche di una vera e propria global player.

Il primo intervento è a carattere pedagogico. I giovani sacerdoti – spesso sono particolarmente preparati, particolarmente brillanti – che intendono sposare la carriera diplomatica all’interno della Santa Sede dovranno ampliare il curriculum. Non più solo studi prestigiosi presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica (la scuola per divenire nunzi) ma anche, proprio all’interno del curriculum accademico, un anno a sporcarsi le mani nelle periferie del mondo. Proprio così: a partire dai prossimi mesi, sarà necessario passare 12 mesi al servizio delle diocesi più disagiate, o nelle realtà più disagiate del mondo sazio e disperato.

L'ONDA LUNGA DEL RIO DELLE AMAZZONI

La cosa era nell’aria. Anzi, lo stesso Bergoglio l’aveva preannunciata parlando a braccio in spagnolo, lo scorso ottobre, al termine del Sinodo sull’Amazzonia. Ora che il capitolo sinodale è stato chiuso con la "Querida Amazonia" si passa alla realizzazione pratica della promessa. "Questo mio desiderio", scrive Francesco a monsignor Joseph Marino, Presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica, è che "tale nuova esperienza entrerà in vigore a cominciare dai nuovi alunni che inizieranno la loro formazione nel prossimo anno accademico 2020/2021". E si tratterà, sia chiaro, "di arricchire il curriculum della formazione accademica con un anno dedicato interamente al servizio missionario presso le Chiese particolari sparse nel mondo".

E aggiunge, il pontefice, a titolo di maggior chiarezza: "Sono convinto che una tale esperienza potrà essere utile a tutti i giovani che si preparano o iniziano il servizio sacerdotale, ma in modo particolare a coloro che in futuro saranno chiamati a collaborare con i Rappresentanti Pontifici e, in seguito, potranno diventare a loro volta Inviati della Santa Sede presso le Nazioni e le Chiese particolari". Parole dietro le quali si percepisce l’idea di un corpo diplomatico più ricco di esperienza pastorale per capire meglio le tensioni, i problemi, le potenzialità e anche le ragioni dei paesi dove andranno ad operare, un giorno, gli aspiranti nunzi di oggi. Non solo capacità di districarsi tra accordi internazionali e raffinatezze verbali, il sacerdote diplomatico dovrà tenere impresse nella memoria anche le istanze dei paesi reali, , le sfide della persona umana. Se la buona diplomazia è una forma di carità, la carità è la base di ogni buona diplomazia.

Non a caso tra le righe si legge che l’idea dovrebbe essere estesa a tutti coloro che escono dai seminari: il principio è valido erga omnes. Del resto, ad ottobre, sempre il Papa vi aveva fatto esplicito riferimento. E’ l’odore del gregge che deve accomunare tutti. Impossibile non leggere il provvedimento alla luce di un fatto. Secondo le accreditate anticipazioni sulla riforma della Curia che dovrebbe essere in via di ultimazione, il dicastero principale nei nuovi assetti non sarà più quello della Dottrina della Fede, ma il nuovo ufficio per l’Evangelizzazione.

Quest’ultimo poi nascerà dalla fusione tra l’attuale Congregazione per la Evangelizzazione dei popoli ("Propaganda Fide") e l’attuale pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. A guardar bene la dimensione dell’annuncio evangelico si sta andando a fondere con quella che è tradizionalmente la struttura curiale. Non si tratta, oggi, tanto di anticipare quello che verrà ufficializzato domani, quanto semmai di incidere sulla forma mentis degli uomini che un giorno saranno, a loro volta, chiamati a guidare la Chiesa.

UNA CARITÀ PIÙ INTERNAZIONALE

Ragionamento analogo per il secondo ritocco ufficializzato ieri. La forma è quella di un rescritto, forma giuridica antichissima che indica una disposizione, o un pronunciamento interpretativo di una questione dibattuta. Vi si legge: "Il Santo Padre Francesco, nell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Segretario di Stato, il giorno 13 del mese di gennaio dell’anno 2020, considerata la necessità di ridefinire le finalità e l’ordinamento di Caritas Internationalis ha disposto l’approvazione delle modifiche degli Statuti e del Regolamento Interno".

Il provvedimento è già valido, e vuol dire, al di là dei rimandi e del linguaggio formale, che il Dicastero per lo Sviluppo Umano diventa competente per la Caritas Internationalis. Si va sempre più verso la configurazione di un dicastero vaticano per la carità, come prevedono i bene informati riguardo la riforma della Curia. Una carità che verrà declinata verso tutte le periferie del mondo, geografiche ed esistenziali, da una generazione di sacerdoti che hanno fatto la gavetta in terra di missione.