Meno male che ci sono i piemontesi, o meglio i torinesi. Forse qualche secolo fa, anzi per l’esattezza centocinquantanove anni fa, quando fu fatta l’Italia, i genovesi della mitica Repubblica non la pensavano tutti così, salvo Mazzini e Garibaldi, che era di Nizza, allora sotto il dominio di Zena e del Regno di Sardegna. E certo non la pensavano così, quando le truppe del generale Lamarmora vennero a Genova a sedare i tumulti, commettendo violenze e sevizie sulla popolazione inerme, all’ombra della bandiera e delle insegne savoiarde. Ma oggi, un secolo e mezzo dopo, quando tanta acqua è passata sotto i ponti e davanti ai moli del porto di Genova, benedetti i piemontesi che hanno aiutato e stanno ancora aiutando Genova e la Liguria! Questo era il pensiero sottinteso, ma non troppo, nel salone del Maggior Consiglio, da dove regnava il Doge di Genova e dove la città era riunita per festeggiare la presenza genovese e le attività della Fondazione Compagnia di San Paolo, profonda radice torinese, dal lontano 1563, istituzione transalpina di grande potenza finanziaria e di grande respiro e sostegno alle opere non solo del suo territorio, ma anche di questa città e di questa regione, limitrofe geograficamente e protette economicamente dagli aiuti che arrivano dalle rive del Po. Meno male che ci sono i torinesi della Fondazione Compagnia di San Paolo, che tra il 2016 e il 2019 hanno realizzato in Liguria 436 progetti per 40 milioni di euro. In questi anni le cassaforti della Fondazione hanno sostenuto 357 progetti per altri 37 milioni. Il presidente della Fondazione, Francesco Profumo e il segretario generale Alberto Anfossi vengono a Genova a spiegare come la città sia un insediamento privilegiato delle loro azioni e scelgono l’ex Repubblica per spiegare la nuova strategia della Compagnia, che ha adeguato le sue linee di sdgs, che vuol dire la strategia per raggiungere i propri obiettivi di sviluppo sostenibile, in sintonia con le agende mondiali promosse dall’Onu per il 2030. E la città, con tutte le sue istituzioni, schierate in prima fila nel grande salone, immerso in una magica penombra per far risaltare sugli schermi le cifre boom della Compagnia, del suo sviluppo e dei suoi impegni per Genova e per la Liguria, accoglie con il classico understatment genovese. Un grazie "mescolato" alla rivendicazione di un orgoglio rispolverato proprio per reagire alle recenti emergenze che hanno bombardato la Liguria, il ponte Morandi crollato, le tempeste dal mare e dal cielo, con alluvioni e mareggiate e frane che hanno fiaccato il territortio ligure. Un grazie all’affiancamento finanziariamente poderoso di San Paolo e anche alla disponibilità strategica con cui la Fondazione piemontese ha inglobato i progetti di rilancio, ma spesso anche di sopravvivenza, della comunità genovese e ligure bombardata dalle emergenze. L’orgoglio spunta già dal luogo in cui l’incontro avviene, quando la direttrice di Palazzo Ducale, Serena Bertolucci, spiega la profondità della storia che si respira in quel salone e le bellezze che condiscono il benvenuto agli amici torinesi, a incominciare dal grande affresco sul tetto del Salone, che illustra l’operosità dei genovesi e dove si raffigurano, accanto a mercati e trafficanti dal naso affilato e adunco, protesi sulla moneta da scambiare, anche due corpulenti camalli del porto, la forza lavoro da avere ben presente. Giovanni Toti, il presidente della Regione, spiega che è stata la complessità delle emergenze a spingere le reazione dei genovesi e dei liguri, che la Compagnia ha aiutato. sindaco Marco Bucci insiste nel sottolineare come con la Fondazione si sono studiati investimenti strategici duraturi nel tempo, che sostengano progetti adeguati alla parola d’ordine della Compagnia stessa, che scolpisce i suoi obiettivi nelle parole Cultura, Persone, Pianeta. Che vuol dire che i milioni in arrivo da Torino sosterranno idee di rilancio dei musei, ma anche progetti di solidarietà e di protezione delle condizioni sociali e ambientali minacciati dai grandi cambiamenti climatici. Al cardinale di Genova, Angelo Bagnasco, piace ricordare la bellezza di Genova in senso ampio, ma anche proprio estetico. Infatti ricorda la passione del grande Richard Wagner per la città, spinta al punto di promettere come grande regalo alla moglie di condurla nella Superba per mostrarle le sue mirabilie. Certo non sfugge a Sua Eminenza la sottolineatura sulle povertà antiche e nuove che colpiscono anche Genova e sollecitano interventi così preziosi come quelli in arrivo da Torino. Il presidente della Camera di Commercio, Luigi Attanasio, è molto pragmatico nel ricordare la storica vocazione di grande emporio della città e del suo porto, oggi sofferenti, minacciati anche da recenti pericoli per i traffici, come il coronavirus, e ricorda come ci siano in ballo progetti per 15 miliardi di investimenti per grandi e risolutive opere. Attanasio è sensibile all’alleanza Torino-Genova e ricorda come l’Italia nacque anche perchè il Piemonte ci aveva messo i soldati e Genova i commercianti. Poi si entra nel futuro con Giorgio Metta, il direttore dell’IIT, l’Istituto Italiano di Tecnologia, la grande fabbrica del futuro che sforna robot e invenzioni da Archimede Pitagorico, con l’intervento e il cervello di ben 1200 ricercatori ospitati a Genova e 1700 in Italia. Un fiume di progetti verso il futuro, tutti mirati alla sostenibilità. A Roberto Timossi, il componente del Consiglio di amnninistrazione e poi di indirizzo della Fondazione che era stato espresso da Genova e che sta per terminare il suo mandato di otto anni, il compito di ricordare non solo la grande trasformazione nell’azione della Compagnia che alimenta e "protegge" Genova e la Liguria ma anche la gioia di aver visto realizzati con i suoi interven - ti tanti progetti che hanno attecchito nel Nord Ovest, secondo un filone di "filantropia da sviluppo", con un neo che Timossi sottolinea alzando perfino la voce: la eccessi - va tassazione che cresce su queste operazioni e che connota il modo autolesionistico del nostro Stato di agire anche a sostegno e in aiuto. Si versa per aiutare e ci fanno pagare sempre di più le tasse per queste operazioni. Meno male che arrivano i torinesi con i finanziamenti della Fondazio - ne che versa 1,6 milioni di euro per il grande progetto del Museo della Città, grande idea della Camera di Commercio, in corso di difficile realizzazione e con l’intento di spie - gare la nascita della potenza della Repubblica nei secoli, la ragione della sua forza monetaria e navale e marinara con un nuovo insediamento, la cui collocazione è ancora incerta ma con gli studi di programmazione avviati. Torino ha finanziato grandi sostegni per la ristrutturazione dell’Al - bergo dei Poveri, grande struttura nata nel 1500, terminata nel 1700 dalla famiglia Brignole e Sale, oggi in parte sede universitaria e solo parzialmente fruibile. Poi c’è il finanziamento di un grande progetto per migliorare il sistema carcerario genovese di Marassi, quel carcere attaccato allo stadio di calcio. Ovviamente ci sono gli interventi per il Ponte Morandi, 1 milione e seicentomila euro e soprattutto una convenzione con il Comune per cinque anni, per un valore di sette milioni di euro all’anno, per sviluppare un piano strategico già avviato dal 2016, che spinge cultura e socialità. Insomma se praticamente tutta la giunta regionale ligure, parte di quella genovese, affiancate e protette dalla mano benedicente del cardinale, è seduta in prima fila ad ascoltare questo patto della Fondazione Compagnia di San Paolo con la città, la ragione è forte e non si limita a riflettere sullo sviluppo di questa potente macchina finanzia - ria prosperata a Torino, da quando nel 1563 sette uomini di buona volontà, filantropi con l’occhio lungo, la fondarono per mettere in pratica gli ammaestramenti di quello che poteva essere considerato il "ministro" dell’Economia della Chiesa, San Paolo, contro l’avanzata del modello protestante. Il clima della giornata è quello della notizia fresca del massiccio intervento di Intesa San Paolo su Ubibanca, un’operazione colossale che cambia lo scenario banca - rio italiano. E’ con questo spirito "meraviglioso" così lo definisce Francesco Profumo che si salda il patto con Genova. Prima il segretario generale Alberto Anfossi, poi lo stesso Profumo spiegano, sempre immersi in quella penombra del Salone del Maggior Consiglio, la storia, le cifre e quindi la nuova moderna strategia della Fondazione, nata da quello slancio nei secoli lontani, passata attraverso grandi trasformazioni, inquadrate anche negli sviluppi legislativi. La parola d’ordine sono gli obiettivi che San Paolo si è data in un mondo nuovo, dove le agende del 2030 disegnano nuove esigenze, nuove sensibilità, inquadrate in quelle tre partole : cultura, persone, pianeta. Si parte -dice Anfossi- da un patrimonio di 7,2 miliardi di euro, che produce 330 milioni all’anno. A Profumo, il presidente giunto al passo d’addio del suo mandato, il compito di spiegare dopo le cifre la filosofia nuova che lui sintetizza con la parola chiave "mescolanza", di progetti, di idee, di obiettivi, di livelli di intervento. Il tono, il mood, sono quelli dell’ottimismo e dei punti di riferimento alti: papa Francesco, che invita a mettere la donna al centro del nuovo mondo e il presidente Mattarella, che invita a non dimenticare gli ultimi. Si esce da un decennio di mediocrità e ci si avvia a un cambiamento. In questo grande progetto -spiega Profumo- la Liguria fa parte della nostra estensione che si concretizzerà non più in progetti, ma in processi. C’è una geografia genovese ancor più precisa, già ben tracciata nell’agenda della Fondazione, che tocca direttamente Genova a Palazzo Ducale, dove è stato aperto un ufficio di rappresentanza, affidato a Bettina Bush, la figlia del grande giornalista Piero Ottone: via Garibaldi, lo stesso palazzo Ducale,il Teatro Nazionale, ma nella "mescolanza" bisogna anche tener presente l’attenzione alle nuove generazioni. Profumo cita perfino i tre recenti premi Nobel per l’Economia, che hanno spostato l’asse dell’attenzione al "piccolo", alle imprese dal basso, che possono incidere di più dei "grandi" nello sviluppo futuro: questa è una strada imboccata dal - la nuova Fondazione. Non manca un invito deciso ai genovesi, al loro dna più profondo, quello di conservazione e mantenimento del patrimonio, la storica vocazione confermata dai dati della Banca d’Italia: perchè Genova non lancia un Fondo che parta proprio dalle sue risorse, dalla raccolta "in - terna"? Il tono della provocazione è educato, ma la richiesta è forte e arriva da una entità che raccoglie fondi per "fare del bene" da 500 anni. Le luci si riaccendono nel Salone del Maggior Consiglio. E qualcuno sussurra, non troppo forte, grazie Torino.

FRANCO MANZITTI