Coronavirus, l’Italia insofferente alla riscossa. Dopo un giorno di Zona Rossa e Zona Gialla è tutto un fiorire e spuntare e pressare di così non si fa. Accendi una radio, dai orecchio a una tv, compulsi un social. Ovunque dopo un giorno, un solo giorno, è punteggiato di commercianti, ristoratori, taxisti che annunciano di non essere più in grado di pagare bollette, tasse, stipendi. Dopo un giorno, un solo giorno si dichiarano in ginocchio e alla canna del gas. Quindi ognuno propone di abolire le misure restrittive anti coronavirus. Abolirle magari non proprio tutte, ci si accontenta soprattutto vengano abolite quelle che riguardano la propria attività. Dopo un giorno, un solo giorno, l’Italia insofferente declina in massa l’io devo lavorare e se ne sbatte del noi comunque declinato. Non tutta l’Italia è Italia insofferente. Ma è l’Italia insofferente quella che parla, mugugna, si manifesta, borbotta, fa rumore, rumore sociale e anche, ovviamente mediatico. È all’Italia insofferente che i media prestano volentieri, anzi con gusto reggono il microfono.

L’Italia razionale quando parla annoia e non fa tanto titolo. L’Italia insofferente delle scuole chiuse perché i bambini dove si mettono? L’Italia insofferente del pub chiuso e della discoteca chiusa perché l’incasso salta. L’Italia insofferente che non coincide con quella che soffre davvero (ad esempio il turismo e l’indotto). L’Italia insofferente è più vasta, è la consolidata e accudita e coccolata Italia per cui regola è costrizione, impaccio e levatemela di torno oppure risarcitemi perché la osservo. Dopo un giorno, un solo giorno, anche un altro tipo di Italia insofferente. Quella che dà la caccia al cittadino lombardo veneto o piemontese o ligure se questi si sposta da casa. Quella dei cittadini di Ischia che chiedono i documenti di residenza a chi arriva, quella dei cittadini dell’Irpinia che vogliono la mascherina obbligatoria per chi arriva da fuori. Italia insofferente e prepotente.

Poi c’è l’Italia isterica, partecipa in massa: basta che uno tossisca o che stia male e l’Italia isterica invoca e pretende blocchi, tamponi, cintura sanitaria, quarantena. È la stessa gente, in carne e ossa, che critica i blocchi, che dice si esagera…fino a che non sente un colpo di tosse a due passi da se stessa. Va molto dopo il primo giorno, solo il primo giorno, il raccontarsi che è tutta colpa dei media, della stampa che esagera. Chi lo sostiene è la stessa che gente che accusa spesso la stampa di nascondere. Si addita con invidia Germania e Francia dove, si dice, i contagi non li cercano e quindi non fanno tanto casino e danno. Se il governo italiano lesinasse i tamponi e le analisi, sono gli stessi che al governo darebbero dell’assassino.

L’Italia isterica non è solo quella della gente. Partecipa la stampa. Quando un giornalista in tv per dire delle incette di cibo ai supermercati usa l’espressione "economia di guerra" fa azione insieme ignorante e irresponsabile. Ignorante e irresponsabile è titolare ad effetto un giorno e 24 ore dopo titolare ad effetto contrario. Coronavirus non l’ha inventato né gonfiato la stampa ma molta, troppa stampa, tratta coronavirus con somma incompetenza e nulla responsabilità. Tra l’essere virologi e non sapere di cosa si parla ce ne corre. La stampa dovrebbe abitare nel mezzo, non sa farlo. E non sembra più neanche in grado di comprendere ciò che pubblica, trasmette o mette in rete. Si paga dunque il doppio prezzo del canone obbligatorio della comunicazione italiana: la notizia sceneggiata e dell’abbassamento progressivo delle competenze minime richieste per lavorare nella comunicazione.

L’Italia insofferente, l’Italia isterica dopo un giorno, un solo giorno, parlano ad alta voce e reclamano spazio e rappresentanza. L’unità razionale di fronte a coronavirus è durata un giorno, un solo giorno, non ce l’abbiamo fatta. Dicono da sempre che dio confonda coloro che vuol perdere. Da noi non c’è eventualmente bisogno, a confonderci facciamo alla grande da soli.

Lucio Fero