Mi trovo accanto a San Francesco d’Assisi. Echeggia forte il suo titolo: patrono d’Italia. Amato da credenti e non credenti in una Basilica adesso vuota, dove il passo dei sandali sembra essere diventato quello di scarponi che l’eco di questo silenzio assordante amplifica. Mi affaccio sulla piazza abituata ad accogliere ogni anno 6 milioni di persone, il deserto più assoluto. Si percepiscono suoni che da anni non si sentivano più: il ruscello ai piedi della Basilica, il fruscio degli ulivi, gli uccelli che fanno rivivere la scena all’ingresso della Basilica Superiore, la famosa predica di San Francesco. Migliaia e migliaia le preghiere che arrivano, tutte dello stesso tenore: proteggici, allontana questo virus, ma anche accogli il mio papà che oggi si è spento.

È sorella Morte che bussa alla porta. Guardo verso l’alto e domando: dove siete? O Dio, perché non intervieni? Domande spirituali, esistenziali, in tempi forti. E pensare che la Quaresima è il tempo forte per eccellenza della Chiesa. La spiritualità può lenire, può rispondere, può dare un significato a quello che stiamo vivendo. Francesco d’Assisi nel momento più difficile della sua vita pone due interrogativi: chi sei tu o Dio? E chi sono io? A Dio riconosce la luce. A se stesso, invece, riconosce la precarietà e la fragilità. "Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?".

La spiritualità allora ci aiuta a porre le domande giuste - chi sono? Da dove vengo? Dove vado? - ma soprattutto a far sì che un momento di crisi o di angoscia diventi anche un momento di riorientamento e di opportunità. Non basta dirci passerà, riflettiamo su come passerà. È interessante notare che, nei momenti difficili, una parola umana ma dal forte valore religioso inizia a orientare il cammino: è il tempo dei sacrifici, tocca fare un sacrificio... sacrum facere, rendere sacro quello che si sta facendo. Cosa rende sacro un sacrificio? La lettura spirituale, capace di creare empatia. Di renderci più vicini, non più distanti.

In questo percorso la rabbia, anche verso Dio, non è esclusa. Lo annotava anche Lutero, "Dio probabilmente gradisce molto di più le bestemmie dell’uomo disperato che non le lodi compassate del borghese benpensante la domenica mattina durante il culto". Alla domanda di tanti di noi "dov’è Dio in questi momenti?" vorrei rispondere: è lì dov’è testimoniato l’Amore. Ecco, l’amore è la spiritualità di una vita che si fa dono per noi nel Cristo morto e risorto. Di una vita, la nostra, che diventa dono per gli altri.

PADRE ENZO FORTUNATO