Eccoci qua, rinchiusi da un Virus che fingeva di essere una normale influenza in una sorta di casa del Grande Fratello con persone che fino a ieri si incontravano solo nel fine settimana. E così, mentre qualcuno si dice pronto a scambiare questa sorta di detenzione domiciliare con l’isolamento previsto dal 41 bis per i mafiosi, altri ripongono nella lettura de L’arte della guerra le loro speranze di sopravvivenza.

Mai la nostra abitazione ci era sembrata così angusta. Se noi adulti ci aggiriamo per casa con la calma di un leone in gabbia a cui tardano a servire il lauto pasto, i nostri figli adolescenti si trascinano in pigiama da una stanza all’altra con lo stesso entusiasmo con il quale accolgono l’ennesima richiesta di aprire un varco nel disordine della loro stanza: "sistemo dopo, che bisogno c’è di urlare?"

Per non parlare, poi, dei bambini più piccoli, il cui agitarsi adrenalinico dei maschietti, sempre pronti con la pallonata di turno a mandare in mille pezzi il vaso di cristallo della nonna, se non la nonna stessa, spiega le ragioni del perché il futuro del mondo è donna. Sono momenti in cui tutti i genitori, di fronte alla guerriglia che si consuma sui soffici cuscini del divano per il predominio sul telecomando, sperimentano una comprensione mai provata prima nei confronti di Abramo per il sacrificio del figlio.

Fortunatamente si è fatta ora di pranzo ed un grido disumano ci risveglia dal torpore: "Mamma, che si mangia?" Così mentre i nostri cari ragazzi si gettano sul cibo come delle cavallette, noi in pochi giorni di permanenza casalinga vediamo inesorabilmente sfumare mesi di palestra e dieta. Ed è allora che i mariti comprendono, forse per la prima volta, quanto lavoro e fatica ci sia nel dedicarsi all’accudimento dei figli e della casa, sacrifici puntualmente rinnegati al momento di dover riconoscere un assegno di separazione.

Si perché tra le persone che sono confinate in casa ci sono anche le coppie separate, che ogni pomeriggio attendono la conferenza della Protezione Civile con lo stesso fervore con il quale i Greci interrogavano l’oracolo di Delfi, nella speranza che qualcuno gli spieghi finalmente come comportarsi per lo scambio dei figli con il coniuge separato. D’altra parte, tra codici e codicilli, nessuno poteva certo prevedere di dover disciplinare il rispetto del diritto alla bigenitorialità in tempi di Coronavirus.

Per cui, in assenza di regole certe si fa appello al buon senso dei genitori, quasi che la pandemia possa trasformarsi in una sorta di elisir di ritrovata saggezza. E se nei primi giorni dell’emergenza il problema era chi pagava la baby sitter per badare ai figli in sosta forzata da scuola, mentre noi sfidavamo il contagio sul posto di lavoro, oggi la domanda ha perso ogni significato, visto che la baby sitter non può neanche più mettere piede in casa nostra, pena essere additata come untore di manzoniana memoria.

Non meglio va ai single che, privati anche del cappuccino al bar o dell’aperitivo, si ritrovano a parlare da soli col distributore automatico di sigarette, emulando quanto faceva il naufrago Tom Hanks con la noce di cocco. Così, persi tra le beghe e le miserie umane, stentiamo a comprendere come siamo di fronte ad un cambiamento epocale, che ci obbliga a rivedere molti dei stereotipi nei quali fino a ieri ci siamo avvolti. Passati in un attimo dalla decantata era dell’Acquario a quella dell’Amuchina, caratterizzata da una quantità di tempo a nostra disposizione fino a ieri impensabile, rischiamo di ritrovarci a fare i conti con una parte di noi che fino ad oggi eravamo riusciti a soffocare, riempiendo di impegni le nostre giornate.

E, se non vogliamo farci trovare impreparati per affrontare il futuro che ci attende quando tutto questo sarà passato, dobbiamo riscoprire il valore delle relazioni umane e familiari, così come dell’amicizia. Iniziando, magari, col dedicare un po’ di quel tempo che questa sventurata occasione ci sta offrendo per rinverdire gli amori sopiti sfogliando insieme un vecchio album di fotografie o per sederci a giocare con i nostri figli, invece di stordirli con un tablet o con la play-station. E’ ora di riscattarci dalle ansie prestazionali e dalle frustrazioni indotte da un consumismo che ci sposta sempre un po’ più avanti il traguardo di un’illusoria felicità. Intanto, però, cominciamo con l’alzarci dal letto e non nel cadere nella facile tentazione di abbrutirci in pigiama tutto il giorno.

di MARCO MELITI