Decreto "cura-Italia" alla prova dell'Aula. Sempre che il Parlamento riesca a riunirsi. Così il centrodestra prova a ricompattarsi con Matteo Salvini che chiama a raccolta Silvio Berlusconi (Fi) e Giorgia Meloni (FdI) e tuona, nel corso di una conferenza stampa in diretta Facebook, contro la maggioranza: "Presenteremo delle proposte per migliorare il decreto, se migliora c'è l'ok della Lega, altrimenti, se rimane a scatola chiusa, non firmiamo deleghe in bianco". Nel mirino della Lega è finita la manovra da 25 miliardi varata nei giorni scorsi dal governo Conte e ora attesa dal voto delle Camere. "Noi speriamo che si riuniscano" ha proseguito l'ex vicepremier. "Si chiamino deputati e senatori a lavorare, tranne coloro che sono ovviamente in quarantena e isolamento, se ci rispondessero no 'il Parlamento sta chiuso e si va avanti così' ovviamente come centrodestra prenderemo una posizione forte", ha rilanciato il segretario del Carroccio chiedendo al premier Conte "di riferire in Aula".

"In questo momento non dobbiamo perdere di vista il nostro vero nemico che si chiama coronavirus. Niente strumentalizzazioni politiche, però il governo ci deve ascoltare" gli ha dato manforte il Cavaliere. "Fateci lavorare", l'appello lanciato anche dalla presidente di Fratelli d'Italia, indirizzato a Roberto Fico. Sulla stessa lunghezza d'onda l'esponente del gruppo Misto (sempre della Camera), Maurizio Lupi, secondo cui "la democrazia è un bene essenziale e dobbiamo continuare a testimoniarlo". Da qui l'invito a non chiudere il Parlamento, rilanciato nell'Emiciclo anche da Giuseppe Basini (Lega) e da Silvia Fregolent (Italia viva), con quest'ultima che ha chiesto di "rendere al più presto operativa la Camera".

Anche per il senatore di Leu, Pietro Grasso, "la democrazia non deve conoscere eccezioni. Ai parlamentari è chiesto di fare la propria parte, con tutte le cautele del caso". Dalla maggioranza ha detto la sua il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, sostenendo che deputati e senatori debbano "andare a lavorare per far diventare leggi stabili i decreti, che altrimenti scadrebbero dopo due mesi. Dobbiamo andare a lavorare - ha detto- come fanno gli infermieri, i medici e tutti quelli che ci aiutano in questo momento difficile. Nel caso succeda un fatto grave, come, ad esempio, un intero gruppo che si ammala, cosa che altererebbe il lavoro, in quel caso si può pensare di studiare il voto da casa, ma solo in questo caso".

Dal canto loro i presidenti di Camera e Senato stanno valutando varie ipotesi. È probabile, alla fine, vista l'emergenza, il Parlamento a ranghi ridotti, che il decreto verrà modificato (e si dovrebbe puntare a pochi modifiche mirate) solo in uno dei due rami del Parlamento.