La pandemia segna il confine di una nuova epoca? Crolla l’inquinamento atmosferico, la terra respira ma l’umanità soffoca: ha inizio così la transizione verso la società fredda? Pensavamo di averla fatta franca, ed invece, sul più bello: stop! Dove andate? C’è da pagare il conto. Da sempre funziona così, è la regola, una sorta di disciplina della terra, il principio che determina l’andamento delle cose. Ma veramente siamo stati così ingenui da pensare che non ci saremmo risvegliati asini?

No, non credo nell’ingenuità, semmai hanno prevalso i consigli di una coscienza annebbiata dagli eccessi del progresso. L’uomo, diventato "deus", torna ad essere uomo, animale tra gli animali, fragile, fragilissimo, penetrato da un iconico virus capace di congelare il mondo. Verso sera, quando il sole scende all’orizzonte, le strade odorano di salsedine. Chi vive in una città di mare conosce questa pacifica invasione della natura, che accarezza, avvolge, allevia; nessun tablet o smartphone è capace di registrare, riprodurre o fotografare il sapore che lascia sulle labbra.

Ecco, è questo il punto, aver immaginato un progresso a costo zero capace di imporsi su madre natura. Il limite oltre il quale non siamo andati segna il confine tra due epoche diverse. Come l’attentato alle Torri Gemelle è stato l’evento che chiuse il ‘900, il Covid-19 potrebbe rottamare "società liquida" e Capitalismo. Un recente studio ci dice che se non cambieremo le nostre abitudini, tra ottant’anni forse saremo curvi, per l’eccessivo sforzo che grava sulla colonna vertebrale quando stiamo seduti davanti ad un computer; avremo le mani a uncino, evidente conseguenza del convulso «spippolio» quotidiano; e una doppia membrana agli occhi, perché a forza di fissare schermi assottiglieremo la vista. Dunque un mutamento fisico, un uomo quasi bestia che ne produrrà altri e con altri parteciperà al cambiamento delle nostre vite.

Suggestiva come ipotesi, non c’è dubbio, ma, la pandemia di coronavirus in corso, rischia di renderla parziale e soprattutto superata dai fatti: forse saremo chiamati a pensare non solo agli effetti derivati dall’eccessivo utilizzo dei prodotti hi-tech, ma anche alle metamorfosi antropologiche che un’epoca di pandemie potrebbe innescare. Sicuramente sconfiggeremo questo virus, e per farlo lotteremo fino all’ultimo uomo, ma fate attenzione, siamo dentro una crisi che potrebbe ripetersi in futuro e divenire addirittura la misura dei nuovi tempi. Non è da escludere che questi giorni di sofferenze e privazioni siano i primi vagiti di una fase che metterà a dura prova l’ambizione umana; un’epoca caratterizzata da epidemie e pandemie sempre più pericolose. Se così fosse, saremmo costretti a definire una diversa modalità di fruizione del sociale.

Si tratterebbe di raffreddare la rete delle relazioni, distanziandosi uno dall’altro, riducendo al minimo i contatti fisici, vivendo in uno stato di perenne precauzione e chiusura. Nella società fredda il rischio di contagio ridurrebbe il sociale ai minimi termini. Al mondo reale sarebbe destinata solo una piccola porzione della nostra vita: la stragrande maggioranza si consumerebbe in ambito domestico e nel virtuale della rete in quantità e modi impensabili oggi. Proviamo ad immaginare come sarebbe, solo per un attimo. La vita reale, per come la conosciamo, progressivamente si raffredderebbe.

La distanza di tre metri, una norma imprescindibile. Niente strette di mano, niente baci, abbracci. Il contatto fisico relegato esclusivamente agli affetti più stretti. Di ristoranti, caffè, fast food nemmeno il ricordo: nella società fredda solo take away dove si ordina cibo e si porta via, da consumare a casa, in solitudine o con i propri cari. Le palestre scompariranno e faremo sport dentro le quattro mura. L’80% delle relazioni sociali si vivrebbero online, in video call.

Scordatevi le folle negli stadi per vedere un concerto: nella società fredda la popstar di turno si collega da chissà dove e si esibisce esclusivamente dalla sua pagina facebook; per vedere il concerto basterà acquistare un biglietto digitale, sedersi davanti al video e connettersi. Continuando ad immaginare, trascorreremo gran parte del tempo in casa, dove lavoreremo, dialogheremo con il mondo, ed al sabato sera un aperitivo in compagnia degli amici, tutti connessi in una video chat, un po’ come molti hanno sperimentato per sentirsi meno soli in questi giorni. Allora, quell’uomo quasi bestia, curvo, con le mani ad uncino e la doppia membrana agli occhi, nel 2100 camminerà sospettoso e furtivo per le strade della città, asociale, freddo, distante, disabituato alle relazioni reali, intento ad adorare il proprio dispositivo tecnologico e con una mascherina ffp3 sempre pronta all’uso.

La paura del contagio raffredderà e cambierà tutto, "l’inverno del mondo" per dirla alla Ken Follet. Paradossalmente potremmo anche ipotizzare il trionfo del coronavirus sul Capitalismo, a conferma di una tendenza che il filosofo Emanuele Severino aveva segnalato anni fa, scrivendo che "il capitalismo va verso il tramonto, non per le contraddizioni che il marxismo ha creduto di trovarvi, ma perché l’economia tecnologica va emarginando l’economia capitalistica". Si, perché nella società fredda è la tecnologia il motore del mondo, il nuovo culto che si ciba del capitale diventato manodopera. Distopia o stiamo andando veramente verso la società fredda? Ad ognuno il suo: saranno gli esperti, scienziati e sociologi, a confrontarsi con questo interrogativo. Tuttavia, la drammaticità degli eventi, non ci sottrae dall’urgenza di una riflessione.

Ci sono due cose da temere in questo momento: la prima, ovvia, è Covid-19; la seconda, forse più pericolosa, è la possibilità che quando sarà finito tutto, torneremo ad essere quelli di sempre. Se la pandemia non avrà scosso le coscienze, disposto gli animi al cambiamento e spinto l’intelletto ad attrezzarsi per capire cosa fare, sarà estremamente complicato limitare i danni. Quindi coscienza, anima e cervello. Il povero pipistrello se ne stava per i fatti suoi, a testa in giù. Non è mica colpa sua se il virus è entrato nella nostra catena alimentare. Dracula siamo noi. Succhiamo sangue e poi guardiamo intorno per capire chi è stato. Mai come oggi la parola "cambiamento" deve essere avvertita nel suo più ampio ed immediato significato. Non siamo dentro una guerra, è un riferimento sbagliato, che genera un immaginario collettivo distante dalla realtà dei fatti: nessuno ci ha attaccato, e da nessuno dobbiamo difenderci se non da noi stessi. Bulimia da progresso illimitato è il nostro male, e queste le drammatiche conseguenze.

Siamo arrivati all’ultima stazione, o poco ci manca – non è questo il punto – . Se già nel 1977 Erich Fromm, nel saggio "Avere o essere", scriveva del fallimento della "trinità costituita da produzione illimitata, assoluta libertà e felicità senza restrizioni"; della constatazione che "lo stesso progresso tecnologico ha avuto come conseguenza il manifestarsi di pericoli per l’ambiente". E che "il sogno di essere padroni assoluti delle nostre esistenze ha avuto fine quando abbiamo cominciato ad aprire gli occhi e a renderci conto che siamo tutti divenuti ingranaggi della macchina burocratica". Allora, se tutto questo è vero e non vogliamo sprofondare nella società fredda, l’urgenza di un cambiamento è l’unica, possibile, nostra ambizione. Ecco, potremmo iniziare dalla politica: non dimentichiamo niente di questi giorni, perché tanto, prima o poi, torneremo a votare, diritto quest’ultimo da cominciare ad esercitare con nuova consapevolezza ed immutata speranza...

EMILIANO CHIRCHIETTI