Alcuni dicono che i giornali verranno spazzati via dal coronavirus. Non direttamente, ma come effetto collaterale. Con l’economia ferma e la recessione che avanza su percentuali da crisi del ‘29, anche quando la quarantena collettiva finirà, non ci sarà pubblicità per i giornali e sarà la fine per molte aziende editoriali già in crisi. Sì ma, è l’obiezione, i siti web di news non hanno mai fatto tanto traffico, mai avuto tanti lettori, e anche le copie cartacee vanno piuttosto bene, nelle città deserte c’è gente che va in edicola ogni giorno per informarsi e approfondire, è un bel segnale.

Vero, ma voi avete visto in giro la pubblicità? No, infatti è quasi sparita e tutti quelli che hanno il modello "sito gratis più pubblicità" (quasi tutti insomma), si ritrovano solo con la prima parte dell’equazione: un sito che macina record e pochissimi banner pubblicitari. Solo i costi, senza ricavi. Del resto, cosa vuoi promuovere di questi tempi? Ecco queste osservazioni non sono campate in aria. Rischi ce ne sono: per le aziende editoriali come per tutte le altre. Ma questa pandemia sta avendo un altro effetto collaterale imprevisto e imprevedibile negli effetti che può cambiare il risultato finale. Ha rimesso al centro del gioco il giornalismo, il grande giornalismo.

I cronisti che ci stanno informando dalle trincee degli ospedali, quelli in grado di spiegare il linguaggio di virologi ed epidemiologi, gli analisti dei dati che sanno dare il vero significato dei numeri che ci travolgono ogni giorno, e i raccontatori di storie, gli unici capaci di rendere la dimensione epica della nostra straordinaria quotidianità. Ecco, il giornalismo, il grande giornalismo è chiamato alla sua prova più importante, dare un senso ai fatti anche quando i fatti apparentemente un senso ancora non ce l’hanno. E complessivamente ce la sta facendo. Non ce la stanno facendo "i copia e incolla", le notizie tutte uguali e gli articoli scritti da algoritmi di intelligenza artificiale. Ce la stanno facendo i giornalisti, donne e uomini, testa e cuore. E i cittadini l’hanno capito.

Come faccio a dirlo? Ora, non parlerò di quello che sta accadendo in Italia. Porto un esempio che viene da lontano ma vale anche da noi. C’è un grande mensile negli Stati Uniti, si chiama The Atlantic, ha più di un secolo e mezzo di storia, e da un paio di anni la maggioranza delle azioni fa capo a Laurene Powell Jobs, la vedova di Steve Jobs. Bene, l’Atlantic in occasione del coronavirus, come moltissimi altri giornali, ha reso gratuiti tutti i suoi articoli sul tema, ha levato il paywall, il muro a pagamento, e le visite al sito sono raddoppiate. Normale, direte, sta accadendo quasi a tutti. La cosa stupefacente infatti è un’altra. La cosa stupefacente, e che ci dice che il destino dei giornali e del giornalismo non è segnato e che forse da questa pandemia nascerà anche un giornalismo migliore, più autorevole, con un rapporto più solido con i lettori, la cosa stupefacente è che in quattro settimane trentaseimila persone si siano abbonate.

Trentaseimila: fanno quasi una persona al minuto per ogni minuto di questo mese passato. Avete capito bene: queste persone stavano su un sito web, leggevano tutto gratis (temporaneamente) e hanno capito che quello che avevano davanti era grande giornalismo, che ne avranno bisogno anche questa pandemia sarà alle spalle, e che vale la pena di pagare per una cosa che ti aiuta a capire il mondo. E si sono abbonate. Per questo io dico che per il giornalismo, se ne saremo capaci, non andrà tutto bene. Forse potrebbe addirittura andare meglio di prima.

Riccardo Luna