Egregio Direttore, emergenza coronavirus ma anche emergenza pensioni basse. Mentre infatti il Governo giustamente introduce tutta una serie di misure economiche e fiscali a favore dei lavoratori e delle imprese per fronteggiare la crisi innescata dalla pandemia, il grave problema dei pensionati in difficoltà economiche non sembra essere ancora una priorità. Sono basse milioni di pensioni italiane e decine di migliaia di pensioni erogate all’estero ai nostri connazionali. I motivi sono storici e variegati ma la causa principale è il sistema previdenziale italiano da sempre caratterizzato da privilegi e da iniquità, da un sistema di calcolo ingiusto, da un’evasione contributiva diffusa e ignorata (quanti sono gli italiani all’estero ai quali il datore di lavoro, soprattutto negli anni ’50 e ’60 non ha versato i contributi?); sistema al quale solo le recenti riforme hanno dato una connotazione più equa, soprattutto con il passaggio dal calcolo con il sistema retributivo a quello con il sistema contributivo che valuta più obiettivamente i contributi versati.

Certamente la tutela previdenziale degli italiani all’estero, è innegabile, si è realizzata grazie anche alle politiche dello Stato italiano che nel corso degli anni ha deciso saggiamente di stipulare convenzioni bilaterali e multilaterali con i Paesi di emigrazione; convenzioni che hanno consentito a centinaia di migliaia di lavoratori emigrati di ottenere un pro-rata di pensione italiana. Tuttavia gli importi di queste pensioni sono spesso irrisori, come sono irrisori gli importi di milioni di pensione erogate agli italiani in Italia. I dati di quest’anno dell’Istat ci dicono che in Italia il 36,3% di pensionati riceve una pensione inferiore ai 1.000 euro lordi e il 12,2% non supera i 500 euro. L’Istat ci dice inoltre che un quinto dei pensionati inghiotte quasi la metà della torta complessiva (293 miliardi di euro).

La maggioranza dei pensionati italiani non riesce a condurre una vita dignitosa e può considerarsi a tutti gli effetti ‘povera’. Per quanto riguarda le pensioni erogate all’estero, che sono circa il 40% delle pensioni in regime di convenzione internazionale per un totale di 331.000 pagamenti nel 2019, gli importi medi non sono certo alti: ciò è dovuto all’esiguo numero dei contributi versati in Italia e al fallace, ai fini del calcolo, meccanismo della rivalutazione dei contributi versati in tempi remoti. Si va infatti da un importo medio mensile di appena 117 euro delle pensioni erogate in Québec (Canada) ad un importo medio di 505 euro delle pensioni erogate nella UE. Giova ricordare che in molti Paesi extracomunitari gli importi delle pensioni sarebbero di poche decine di euro se non fosse per il fatto che alcune prestazioni ora inesportabili nella UE, come il trattamento minimo e le maggiorazioni sociali, sono invece in quei Paesi non europei ancora esportabili.

Insomma, una volta risolto – auspichiamo tutti al più presto – il problema del coronavirus bisognerà occuparsi delle categorie più svantaggiate tra le quali, come i sindacati stanno facendo notare da diverse settimane, rientrano sicuramente i pensionati che percepiscono assegni minimi, per i quali si continua a chiedere a gran voce una riforma, e lo dovremo fare anche noi per le pensioni degli italiani all’estero.

Angela Schirò

Deputata PD - Rip. Europa