Tracciare la mappa dei guariti e degli immuni. Sembra essere questa la soluzione più semplice per evitare lunghi e costosi test e soprattutto per poter ripartire velocemente. Con un semplice "passaporto immunitario", un documento digitale che è riconosciuto a livello internazionale e che dimostra che il titolare ha subito (almeno) un test sierologico che mostra che il suo sangue contiene anticorpi che hanno permesso alla persona (in un momento del passato, il più delle volte senza che lo stesso soggetto se ne sia accorto) di superare ed eliminare il coronavirus. Di conseguenza, il passaporto attesterebbe appunto che la persona non è né infetta né contagiosa. Il passaporto si potrebbe basare sull'identità e sullo stato immunologico del titolare.

Lo stato immunologico di ogni persona può essere facilmente stabilito mediante un test sierologico (che cerca anticorpi nel sangue) che alcuni paesi stanno già pianificando di implementare. In questo contesto, gli stati devono cooperare per standardizzare i test sierologici e certificare i passaporti di immunità. In maniera da lavorare a livello globale con standard comuni. I passaporti elettronici, saranno allegati elettronicamente al passaporto regolare utilizzato da ciascun viaggiatore per semplificare la verifica e prevenire eventuali possibili frodi. Il passaporto immunitario riguarderebbe milioni di viaggiatori provenienti da tutti i paesi che si sono immunizzati contro il coronavirus e che quindi non presentano alcun rischio di contagio. Molti abitanti di questi paesi attualmente non possono viaggiare liberamente a causa delle restrizioni imposte dai paesi in tutto il mondo che cercano di controllare la diffusione del virus.

Con il processo di immunizzazione collettiva che prosegue costantemente, sebbene lentamente e ancora in assenza di una vaccinazione, il numero di persone immunizzate nel mondo continuerà ad aumentare fino alla fine della pandemia. Si stima che la fine di un'epidemia sia raggiunta quando almeno il 50% della popolazione è stata immunizzata. Dunque dotare le popolazioni immuni di un certificato che attesti la loro resistenza al virus, potrebbe rilanciare l’economia del mondo molto prima che arrivi il vaccino. Questo permetterebbe di risolvere molti problemi direttamente correlati con la diffusione del virus. Per paura di un eventuale contagio importato, molti paesi impongono lo stesso trattamento indiscriminato - divieti d'ingresso o quarantena forzata per almeno 14 giorni - a tutti i viaggiatori che richiedono l'ingresso, anche se non sono contagiosi.

Con il passaporto immunitario si creerebbe un sistema affidabile e pratico per distinguere coloro che sono probabilmente contagiosi (non immunizzati) da quelli che non lo sono (immunizzati). E poi c e’la questione dei costi. Un test sierologico per stabilire lo stato immunologico di ogni persona - per sapere se sono contagiosi o meno – costerebbe solo pochi euro, ben al di sotto dei costi imposti da una quarantena di 14 giorni, per non parlare del perdita di tempo e perdita di opportunità professionali che ciò comporta. Nelle circostanze attuali il passaporto dell'immunità rappresenta una speranza per il rilancio del turismo, dei trasporti e del commercio internazionale. Una ripresa dell'economia mondiale, e la prevenzione di una grave recessione.

L'adozione di un passaporto di immunità consentirà agli aerei di tornare nei cieli, di riaprire alberghi e ristoranti e di iniziare a tornare alla vita normale. Certo, sarebbe solo per gli immuni e per tutti quelli già contagiati. Ma potrebbe essere una valida soluzione allo stop mondiale imposto dalla pandemia. In Europa se ne parla con sempre maggiore insistenza.

Margareth Porpiglia