Fotografie dal fronte del coronavirus. Quarantaquattro metri al completamento del ponte ex Morandi, luglio il mese della probabile inaugurazione. Esulta e respira Genova, prossima a liberarsi almeno da quest’incubo. Annaspa Venezia, abbandonata dagli uomini e colpita al cuore dall’epidemia. Città anch’essa chiusa, vietata, proibita, in quarantena, posseduta in questo periodo dalla povertà di ritorno. I turisti in fuga, una crisi mai vista prima. I conti palesemente e pesantemente in rosso, già perso un miliardo di euro, causa coronavirus. Venezia rischia il crac. La città è immersa in un silenzio assordante. Irriconoscibile, certo, ma in questo è compagna inconsolabile delle sorelle italiane. Tutte, nessuna esclusa, investite da questo tsunami chiamato Covid-19. Il virus ha imposto uno stop totale a Venezia. Qua e là si avvertono i fremiti tipici della voglia di riprendere. Ma su tutto prevalgono i timori: riuscirà mai più Venezia a riappropriarsi della propria identità? A ritrovarla, recuperarla, e mostrarla al mondo?

"Una crisi sociale mai vista, la nostra amata città ha chiuso la porta e non sa quando la riaprirà", ha confessato all’inviato di Repubblica il proprietario dell’Harry’s Bar, il mitico Arrigo Cipriani, 88 anni. Ne ha ottantanove il suo locale simbolo, l’apertura è datata 1931. "Il giorno in cui Venezia ha chiuso per virus resterà indimenticabile". Prima la paura dell’acqua, adesso l’epidemia. Una tragedia, forse una catastrofe addirittura. La grande fuga da Venezia, abbandonata da tutti. Come non era riuscita a fare neppure l’acqua alta, nella drammatica notte del 13 novembre 2019. Due settimane di maree da record. Il virus, ora, e la città si scopre preda della grande paura, azzerata, e abitata dal vuoto. Chiusi alberghi, ristoranti, musei, chiese. La tragedia di Venezia, unica anche in questa stramaledetta occasione. In altri posti del mondo la gente non esce, ma c’è; qui non c’è, non si vede, non esiste. Giampaolo Visetti, inviato di Repubblica: lucido e incisivo, ne parla con toni addolorati, lacrima il suo cuore di uomo e di giornalista.

Tragedia e paradosso. Venezia scoppia quando i turisti la prendono d’assalto, gli estranei padroni di calli e canali. Senza di loro, ora, si scopre priva di vita. In Laguna il turismo internazionale è il cibo principale, la fonte di guadagno, l’esistenza stessa di Venezia. Ricordate quando si parlava di "Venezia a numero chiuso, biglietto d’ingresso e prenotazione" per sistemare un argine all’invasione dei foresti?". Adesso è l’assenza di "invasori" a veicolare la città verso il possibile rischio bancarotta. Pesante e minacciosa l’ombra del crac. Senza turisti e senza lavoro lo scenario appare davvero inquietante. A Venezia è stato chiuso anche il mare. Canali e laguna sono le sue strade, bloccare le barche è come negare il traffico delle auto in tutt’Italia. Venezia, che è unica, omologata invece col resto del Paese. Il deficit del Comune è schizzato oltre i trecento milioni. Ne consegue un serio rischio. L’amministrazione non dispone di sostanze sufficienti per far fronte alle esigenze delle corse dei vaporetti, di scuole, rifiuti, residenze per anziani, manutenzione di chiese e musei. Il virus sta assestando una botta micidiale all’economia di Venezia, di fatto già barcollante in seguito alle conseguenze provocate dall’acqua alta dello scorso novembre.

La soluzione – il consiglio è dei veneziani doc – sarebbe quella di tornare indietro. In che senso? Restituire Venezia a chi ci vive. "La condizione unica almeno per sopravvivere". Traduzione: le case non più adattate ad alberghi clandestini e ai B&B sfruttati dalle agenzie immobiliari. La terra ferma non può più essere l’unica destinazione del lavoro qualificato. I veneziani, intanto, sono testimoni del drammatico momento in cui la città si dibatte. Decine di artigiani non riapriranno quando il virus allenterà la sua presa mortale. "Gruppi stranieri e criminalità organizzata saranno presto i nuovi padroni dell’ex Serenissima", prevedono i pessimisti incavolati duri e rassegnati al peggio. Ma è tutta così Venezia sotto minaccia del virus e del fallimento? Non tutta: qua e là è animata da fermenti di matrice giovanile e da persone che non intendono abbandonarsi alla rassegnazione. I giovani consegnano a domicilio la spesa e i pasti agli anziani; i librai portano libri casa per casa. E combattono, con altri, rassegnazione e pessimismo, compagni della speranza che la loro città in estate possa ripresentarsi al mondo da Venezia. Un sogno o che cosa? Un sogno, appunto. È realistico infatti pensare all’estate del 2021, questa ormai è andata, spogliata di tutto. Il sogno e la bellezza unica per non morire, Venezia. Thomas Mann perdoni l’ardire della citazione.

Franco Esposito