Usa, Cina: le propensioni… Mike Pompeo, altrimenti a dirsi la Casa Bianca, cioè Donald Trump hanno detto papale papale che la Cina ha "la propensione ad infettare il mondo". L’Amministrazione Usa, il presidente e quello che è nei fatti e funzioni il ministro degli Esteri americano si riferiscono, così dicendo, ovviamente al coronavirus, a Wuhan, anzi al laboratorio Wuhan.

Pompeo non è andato di braccino corto nell’alimentare la campagna, ha detto di avere "prove enormi" che qualcosa sia stato fabbricato e poi sia sfuggito da quel laboratorio. Cosa? Ma che domande, coronavirus ovviamente. Cosa invece siano e non cosa consistano queste "prove enormi" Pompeo non ha mostrato. Parola di re, anzi di presidente. Bisogna fare e a fidarsi. Di Pompeo, cioè di Trump.

Se dicono di avere "prove enormi" ce le avranno di sicuro. Le mostreranno, magari, più avanti, magari tra un po’. Niente prove sul tavolo ma bisogna fare a fidarsi, come non fidarsi? E’ la Casa Bianca, è l’America a dire. Mica se le inventano le cose! Purtroppo anche gli Usa hanno nella storia recente una evidente e marcata propensione: quella ad inventarsi casus belli, letteralmente fabbricare occasioni di scontro e alibi per lo scontro, pensando di vincerlo lo scontro restando sempre dalla parte dei "buoni". Una sessantina di anni fa Casa Bianca e presidente Usa e staff presidenziale inventarono l’incidente del Golfo del Tonchino.

Il Vietnam del Nord appoggiava la guerriglia viet-cong nel Sud, minacciava militarmente il regime di Saigon e gli interessi americani. Washington voleva dare lezione, punire, vincere. Ma voleva restare in una recita buoni contro cattivi. E quindi inventò un attacco di unità nord-vietnamite a nave americana appunti nel Golfo del Tonchino, attacco nella realtà mai avvenuto. Servì quell’invenzione agli Usa per giustificare l’avvio dei bombardamenti sul Nord-Vietnam, bombardamenti che allora la Casa Bianca riteneva risolutivi della guerra ma che andavano appunto vestiti come atto di risposta ad aggressione subita.

Perché andavano vestiti così? Per ragioni di immagine internazionale ma soprattutto per ragioni di politica interna: l’Amministrazione e il Presidente non volevano apparire guerrafondai, non volevano rischiare consenso interno mandando esplicitamente gli Usa ad una guerra nel Sud-Est asiatico. Quindi inventarono l’attacco nel Golfo del Tonchino, non senza annunciare di avere "prove enormi" dell’attacco nord-vietnamita. In realtà avevano la segnalazione di una unità navale nell’area che ipotizzava, senza conferma successiva, di essere stata inquadrata come bersaglio da radar nemici. Nulla di più. Solo un pretesto, un piccolissimo pretesto. Spacciato per "prova enorme".

Passa qualche decennio e gli Usa fanno guerra e invadono l’Iraq di Saddam Hussein. E’ la seconda volta che vanno in armi laggiù, la prima si erano fermati, limitati a sconfiggere l’esercito di Saddam, lasciando in piedi i regime e non prendendosi in carico di smontare e rimontare il paese. La seconda volta no, la seconda volta Usa vanno in Iraq per prenderselo e rifarlo secondo loro modello. Ma dirlo così crea problemi con gli alleati occidentali e crea problemi anche di consenso interno. E’ sempre complicato dal punto di vista del consenso, anche elettorale, mandare i "nostri ragazzi" a morire migliaia di miglia lontano da casa. E allora gli Usa, Casa Bianca, presidente, staff e, sotto ordine politico, servizi di intelligence, inventano e fabbricano le "prove enormi delle armi di distruzione di massa" che l’Iraq era pronto a scagliare sul mondo. Non c’erano, si vedrà poi, le "prove enormi".

Fabbricate ad arte quelle esibite dagli Usa in sede Onu. Non c’erano le prove enormi perché, semplicemente, non c’erano in Iraq le armi di distruzione di massa, niente depositi, niente bunker e siti segreti pronti a sparare armi chimiche e batteriologiche. Non c’erano, punto. Gli Usa avevano inventato per soddisfare il loro bisogno di una sceneggiatura in cui, come sempre, i buoni contro i cattivi. Inventare un casus belli, non solo e non tanto per fare una guerra quanto per vincere la guerra sul fronte interno, quello della pubblica opinione, del consenso, dell’elettorato.

E’, per così dire, per usare l’espressione usata da Pompeo, una "propensione" acclarata nella recente storia americana. Se la Cina ha di certo la "propensione" a non far sapere tutto di se stessa, unita alla "propensione" alla repressione e censura, gli Usa hanno la propensione a inventare una "mostruosità" esterna per tenere al caldo il consenso all’Amministrazione e ai presidenti. L’evoluzione e l’andamento della guerra nel Vietnam e delle spedizioni in Iraq non si comprendono appieno se non le si collega alle dinamiche delle elezioni presidenziali. Inventare, fabbricare oggi una Cina con la "propensione a infettare il mondo" è inventare una "mostruosità" delle giuste dimensioni.

Dimensioni pari a quelle che occorrono a Donald Trump per farsi rieleggere a Novembre. Trump andava alle elezioni sperando di vincere sulla base del buon andamento dell’economia, opportunamente stimolata, perfino drogata, da tanto debito pubblico (come non mai in Usa) e sulla spinta del consenso da iper nazionalismo protezionistico-doganale. Piano e calcoli sconvolti e abbattuti da coronavirus: economia Usa e cittadini americani non stanno avendo e non avranno un 2020 di serenità economica. Tutt’altro. E non aiutano le decine e decine di migliaia di morti per coronavirus a creare un clima elettorale di : Grazie, presidente, resti al comando. Tutt’altro.

Allora che strada c’è per la rielezione? C’è una strada, larga e spianata: coronavirus colpa della Cina. Cina assassina per dolo o imperizia, comunque Cina assassina del resto del mondo, coronavirus arma del delitto. Morti americani da mettere in carico alla Cina. Dichiarare alla Cina una guerra totale di propaganda per vincere sul fronte interne, per vincere le elezioni altrimenti diventate a rischio per Trump. Questa la strategia di Trump, evidente, solare. Non c’è nulla da svelare. Trump ha talmente bisogno di voti a novembre che si affretta a dichiarare via tweet "bravi ragazzi" quelli che provano a entrare con il mitra nel Parlamento del Michigan. Un tweet per qualche centinaio di voti, la maxi sceneggiata delle "prove enormi" sul laboratorio di Wuhan per qualche milione di viti: la proporzione ci sta.

di LUCIO FERO