La guerra civile in Libia è ufficialmente entrata in una nuova fase. La mossa russa, con l’invio degli otto caccia nell’aeroporto di Tobruk e nella base di Al Jufra, lo certifica ulteriormente. Mosca e Ankara si preparano ad una spartizione della "tunica" libica così come da modus operandi siriano. Se fino a ieri le truppe fedeli al Generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica da troppi mesi in procinto di prendersi Tripoli, avevano registrato molti kappaò anche grazie all’uso dei droni turchi, da domani lo scenario potrebbe cambiare anche in virtù dei Mig russi giunti dalla Siria.

E’possibile però che sia solo un’azione di distensione di muscoli atta ad evitare una contrapposizione aperta tra Putin e Erdogan? Intanto quel che è certo è che lo scacchiere da guerra civile libica, dove l’infuenza dell’Europa si sta assottigliando, potrebbe essere incanalato verso una nuova fase dove a regnare sarebbe l’interventismo di chi ha pesato con parsimonia e tattica le sue mosse e le sue contromosse. I pozzi della mezzaluna petrolifera controllati da Haftar sono un obiettivo conclamato, assieme all’ircocervo di equilibri che questo risiko porterà in dote.

Poco verosimile che Tripoli, pur con il braccio armato turco, possa estendere il suo controllo fino ai territori haftariani, così come ad oggi altamente complesso che Haftar conquisti il fortino di Serraj. E allora a cosa saranno serviti uomini, mercenari, mezzi e caccia militari proprio mentre la missione Irini targata Ue e Onu ha il compito di far rispettare l’embargo di armi alla Libia? Si staglia all’orizzonte uno schema incredibilmente lineare, che prevede il disinteresse a stelle e strisce in Libia (che invece hanno scelto la Grecia come neo hub nel Mediterraneo), i tentennamenti francesi (che scontano anche una crisi politica interna per Macron) e la consueta irrilevanza italiana (che vede il porto di Taranto spostarsi in mani orientali).

di FRANCESCO DE PALO