La buona notizia è che l’Italia si avvicina sempre più rapidamente al momento della ripartenza. Quella cattiva è che nessuno sa quale dovrebbe essere la direzione della nuova fase. Molti attribuiscono la principale responsabilità di questa incertezza sul presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. È lui il pilota della macchina governativa. E se non conosce la direzione di marcia e l’obiettivo da raggiungere, diventa un problema non solo per lui ma per l’intero Paese. Ma scaricare sul solo Conte la colpa di non sapere dove andare è sicuramente ingeneroso e sbagliato.

Perché, anche se una stampa ottusamente di regime lo dipinge in continuazione come Napoleone al passaggio delle Alpi, il premier non ha alcuna vocazione al ruolo di condottiero che apre nuove rotte e persegue grandi progetti per il futuro. Le mappe per muoversi e gli obiettivi da perseguire dovrebbero essere messi a sua disposizione dalle forze politiche che fanno parte della sua maggioranza. E se questo non avviene, a Conte non rimane che brancolare nel buio nella speranza di imboccare per caso fortuito la strada migliore.

Si dice giustamente che la colpa di questa mancanza di orientamenti al pilota governativo sia del maggiore partito della maggioranza, cioè del Movimento Cinque Stelle, sempre più in stato confusionale a causa della sua strutturale mancanza di cultura di governo e della sua crescente consapevolezza che il sostanziale fallimento della sua esperienza alla guida del Paese sarà inevitabilmente pagato con un crescente e inarrestabile calo di consensi.

Ma prendersela con Conte e con i Cinque Stelle rischia di trasformarsi in una sorta di oggettiva difesa d’ufficio di quel Partito Democratico che a differenza del M5S dovrebbe essere provvisto di ampia cultura di governo essendo diventato la forza politica più incistata in tutti i gangli di potere del sistema Italia dell’intero secondo dopoguerra. A stretto rigore di logica, quindi, il Pd avrebbe dovuto colmare i vuoti politici e culturali del M5S assicurando le mappe e le rotte indispensabili per Giuseppe Conte.

Invece ha consentito passivamente che avvenisse il contrario lasciando che la sua vecchia egemonia culturale e politica venisse grillizzata e trasformasse la sua presenza governativa in una sola e vuota esperienza di potere, senza un disegno, un progetto che non fossero finalizzati alla sola ed esclusiva prosecuzione dello stesso potere. Il fallimento, allora, non è solo dei grillini ma anche del Partito Democratico. Che non è stato all’altezza delle attese costruite in anni ed anni di puntigliosa rivendicazione della propria diversità morale e superiorità politica e culturale. Un disastro devastante!

ARTURO DIACONALE