Le antiche stampe dei "medici della peste" mascherati con il lungo becco di un rapace sono l’illustrazione convenzionalmente utilizzata per rappresentare la Peste Nera, la terribile pandemia asiatica che, arrivata in Occidente, uccise un terzo della popolazione europea tra il 1347 e il 1353. Al confronto, il nostro Coronavirus - seppur micidiale - è relativamente blando. Resterà comunque nella storia e servirà anche in questo caso un'immagine convenzionale per i futuri testi scolastici. Le nostre mascherine - senza nemmeno l’elegante becco per neutralizzare i "vapori malefici" che si supponevano responsabili dell’antica pestilenza - sono poca cosa, ma probabilmente dovranno bastare allo scopo.

Non solo rappresentano la forma di protezione più comunemente adottata contro il contagio, ma segnalano in molti casi l’atteggiamento di chi le porta rispetto non solo all’epidemia in corso ma anche alle politiche scelte per combatterla. La relativa incapacità degli Stati nel neutralizzare il pericolo presentato da un’entità talmente piccola da essere invisibile è evidente a tutti. Non è una colpa, semplicemente non sanno che pesci pigliare quando sono comunque tenuti ad "agire". La mascherina è la perfetta rappresentazione dell’ambiguità che ne risulta. I governi, consigliati dalla prima infornata di esperti, ne hanno inizialmente e quasi ovunque sconsigliato l’impiego perché, mentre se ne riconosce l’utilità contro i batteri, l’efficacia rispetto ai virus - molto più piccoli - è incerta.

Sotto la pressione sempre più impellente di "dover fare qualcosa", le amministrazioni hanno poi trovato altri esperti che facevano invece notare che, pur non offrendo molta protezione a chi le porta, le mascherine potrebbero forse ridurre la trasmissione virale ad altri da parte di chi è già contagiato. Sarebbero da portare dunque non tanto per proteggere noi stessi, ma piuttosto per evitare di mettere gli altri in pericolo di contrarre il male da noi - una sorta di cortesia sociale. In molti paesi le mascherine sono dunque diventate in non poca parte una sorta di barometro del grado di fiducia dei singoli nei confronti dei governanti e della società allargata.

Negli Usa per esempio l’utilizzo della mascherina è bene accetto da chi vota "Dem", ma tendenzialmente osteggiato dai sostenitori Repubblicani di Donald Trump. È - in altre parole e in quel paese - anche un segnale di appartenenza politica. In Europa, subentra maggiormente il fattore moda, come nel caso della mascherine ora prodotte dai grandi stilisti oppure quelle nere e molto griffate lanciate recentemente dall’Adidas. C’è poi il fai-da-te, come nel caso del "fashion statement" che appare qui sopra, opera del designer tedesco Max Siedentopf che, oltre alle verdure, ha adattato all’uopo l'intimo - reggiseni e mutande - e perfino scarpe atletiche e un vaso di Nutella. Siedentopf ha in seguito trovato opportuno scusarsi per il risultato di tanta creatività, un’offesa al politically correct del momento.

JAMES HANSEN