Sono stanco che politici e medici mi minaccino con "il giorno dopo" e con tutte le incertezze che la minaccia include: disoccupazione, distanza sociale, insicurezza, etc. Siamo in stato di "shock", perché scopriamo all’improvviso che il futuro non sará quello, che ci facevano credere solo pochi mesi fa. Immaginavamo un futuro in ascesa lineare, dove il successo si misurava con il metro del consumo, e ora invece scopriamo che probabilmente quel futuro sará diverso. La preoccupazione aumenta perché ci accorgiamo che il futuro sará meno eccitante di quanto potevamo immaginare. Ma se riflettiamo con una soggettivitá piú serena, meno influenzata dalla pubblicitá e dal marketing, scopriremo un futuro piú pacato, meno condizionato dal denaro (perché tutti ne avremo di meno), e una piú ridotta aggressivitá verso l’ambiente e la natura. In altre parole, credo in un futuro - quello del "giorno dopo" - dove probabilmente la sensibilitá umana riprenderá il sopravvento sul mercato e quindi sulle "cose".

Infatti veniamo da un passato recente dove le "cose" (mi riferisco ai beni materiali) dominavano la condizione umana. La stima sociale di una persona dipendeva piú dal possesso di determinate "cose" (automobile, abbigliamento di marca, orologio ed altri status symbols), che dai suoi meriti intellettuali e morali. Proprio ieri prendevo un caffé con un amico, che si lamentava della situazione attuale. "È terribile! - mi diceva - Stanno chiudendo i locali per le feste e i matrimoni, ci sará disoccupazione nei servizi di catering e in quelli dello sport e del fitness, l’alta moda sprofonda, mentre l’industria cosmetologica é messa in crisi dal coronavirus". Io lo consolavo, ma dentro di me riflettevo sulla fragilitá di una societá costruita a base di edonismo e ostentazione. Pensavo che é ora di tornare alle celebrazioni familiari in casa, ai matrimoni con un semplice brindisi nella parrocchia, alla crema Nivea invece di tanti cosmetici costosi per abbindolare la nostra vanitá. Voglio credere che il COVID spazzerá molte espressioni della banalitá accumulata negli ultimi anni e si tornerá - in una societá piú misurata e intima - a ridare valore alle virtú "antiche", che un tempo ci definivano.

Quando dico che "il futuro é dentro di noi" voglio significare che saranno le qualitá personali, che ci consentiranno costruire un nostro modo nuovo di essere, meno materialista e piú unito all’ambiente e al nostro prossimo. In un colloquio avuto la settimana scorsa con giovani universitari parlavo di come formarsi per il "giorno dopo". Dicevo che il futuro inizia oggi, perché é oggi che dobbiamo cominciare a farci carico della nostra carriera e di un ruolo attivo nella societá post-pandemia. Piú che il denaro, sará importante la qualitá del nostro talento, che non é solo "saper fare", ma che é anche saper aggiornarsi, immaginare, credere nelle proprie capacitá, rafforzandoci nella pratica quotidiana. Dobbiamo imparare a coltivare competenze basiche como la responsabilitá, l’efficienza, la puntualitá, la serietá, che la liquiditá della societá contemporanea ha messo in crisi. Dovremo anche imparare a essere creativi, comunicativi, senza afferrarci a preconcetti e mostrando di saper lavorare insieme, di ritorno ad una nuova solidarietá. Dovremmo anche saper ascoltare, perché veniamo da un mondo troppo rumoroso dove tutti (dal marketing ai politici e ai mass-media) parlano e parlano, senza nessun interesse ad ascoltare l’altrui opinione.

La realtá ci insegnerá anche a ricomporre quella straordinaria virtú che é l’umiltá, perché il giorno dopo vi sará meno spazio per la superbia e per gli status symbols. Veniamo da un mondo di cose e parole e ci attende un futuro diverso, che ci obbligherá a "riniziarci", come si fa con il PC, quando abbiamo necessitá di resettarlo. Nei tempi complessi in cui viviamo, se vogliamo prepararci per il "giorno dopo", dovremo anche "disimparare", per imparare di nuovo. Certo non é facile, ma ció non vuol dire che non sia possibile. In questo frangente mi piace ricordare le parole del poeta nordamericano Robert Frost, "due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta, e ció mi fece cambiare". La strada meno percorsa é proprio la scelta giusta per costruire il nostro futuro.

JUAN RASO