Sono state analizzate le informazioni riportate dai medici in 4.942 schede di morte, di soggetti diagnosticati microbiologicamente con test positivo al SARSCoV-2 (il 15,6% del totale dei decessi notificati al Sistema di Sorveglianza Integrata ISS fino al 25 maggio). Nelle schede di morte sono certificate, oltre a COVID-19, quelle condizioni e malattie che hanno avuto un ruolo nel determinare il decesso. COVID-19 è la causa direttamente responsabile della morte nell’89% dei decessi di persone positive al test SARS-CoV-2, mentre per il restante 11% le cause di decesso sono le malattie cardiovascolari (4,6%), i tumori (2,4%), le malattie del sistema respiratorio (1%), il diabete (0,6%), le demenze e le malattie dell’apparato digerente (rispettivamente 0,6% e 0,5%). La quota di deceduti in cui COVID-19 è la causa direttamente responsabile della morte varia in base all’età, raggiungendo il valore massimo del 92% nella classe 60-69 anni e il minimo (82%) nelle persone di età inferiore ai 50 anni. COVID-19 è una malattia che può rivelarsi fatale anche in assenza di concause. Non ci sono infatti concause di morte preesistenti a COVID-19 nel 28,2% dei decessi analizzati, percentuale simile nei due sessi e nelle diverse classi di età. Solo nella classe di età 0-49 anni la percentuale di decessi senza concause è più bassa, pari al 18%. Il 71,8% dei decessi di persone positive al test SARSCoV-2 ha almeno una concausa: il 31,3% ne ha una, il 26,8% due e il 13,7% ha tre o più concause. Associate a COVID-19, le concause più frequenti che contribuiscono al decesso sono le cardiopatie ipertensive (18% dei decessi), il diabete mellito (16%), le cardiopatie ischemiche (13%), i tumori (12%). Con frequenze inferiori al 10% vi sono le malattie croniche delle basse vie respiratorie, le malattie cerebrovascolari, le demenze o la malattia di Alzheimer e l’obesità. Le complicanze di COVID-19 che portano al decesso sono principalmente la polmonite (79% dei casi) e l’insufficienza respiratoria (55%). Altre complicanze meno frequenti sono lo shock (6%), la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) ed edema polmonare (6%), le complicanze cardiache (3%), la sepsi e le infezioni non specificate (3%).

STEFANO GHIONNI