Nell’albero genealogico della famiglia Cravotto, originaria del padovano, si susseguono spesso due nomi, Maurizio e Antonio. Una tradizione questa che è continuata anche in Uruguay dove alla fine dell’ottocento si trasferì uno dei tanti Antonio della famiglia, un capo contabile diventato poi ingegnere meccanico, sposato con Angelina Schiavone. Inconsapevolmente, questa coppia italiana diede origine a una grande scuola di architettura prima con il figlio Mauricio (1893-1962) e poi con il nipote Antonio (1925-2000): una storia italiana che ha segnato l’architettura uruguaiana in lungo viaggio che ha attraversato tutto il novecento.

Foto: Fundación Cravotto

La più grande testimonianza della vita e del lavoro di questi architetti padovani è data dalla Casa Cravotto, la casa-studio ribattezzata "Kalinen" che è stata recentemente acquistata dall’Università della Repubblica attraverso un accordo con la fondazione Cravotto che si occupa di mantenere viva la memoria dei due architetti. Costruito tra il 1931 e il ‘32 dallo stesso Mauricio, negli anni novanta l’immobile è stato dichiarato Monumento Storico Nazionale.

Si trova su avenida Sarmiento nella splendida cornice del Parque Rodò a Montevideo. È qui che incontriamo i rappresentanti della fondazione Martin Fernandez ed Eduardo Alvarez per scavare sulle origini italiane di questa famiglia considerata la fondatrice della moderna urbanistica in Uruguay riconosciuta soprattutto nell’ambito accademico.

"I riferimenti all’Italia sono continui e si possono rintracciare quasi ovunque" spiega il dottorando Martin Fernandez riferendosi al rapporto di Mauricio con le origini sempre ostentate. "Lui è cresciuto in una famiglia di immigrati e questo ha avuto una notevole influenza su di lui. Basta pensare ad esempio che gli amici lo chiamavano Mauro oppure l’italiano. Molto interessanti sono anche le lettere conservate che lui scriveva al padre in italiano. Ma oltre all’aspetto delle tradizioni familiari, l’Italia è stata particolarmente rilevante anche dal punto di vista culturale. Nell’epoca in cui la nostra architettura guardava principalmente alla Francia lui scelse il Bel paese per contraddistinguersi nella ricerca di un delicato equilibrio tra classico e moderno, tra tradizione e innovazione".

Tra gli anni venti e gli anni cinquanta, Mauricio andò diverse volte in Europa per dei viaggi formativi che ebbero una rilevanza fondamentale nel suo percorso accademico e professionale: "Si recò in Italia tre volte, nel 1925, nel ‘38 e nel ‘52 per dei lunghi soggiorni, specialmente a Padova, a Firenze e a Venezia. Nello sviluppo della sua teoria urbana si ispirò ai borghi italiani e studiò a lungo anche le piazze rinascimentali". Fondatore dell’Instituto de Teoría de la Arquitectura y Urbanismo della Facoltà di Archittettura, tra i principali lavori di Mauricio Cravotto troviamo il piano regolatore della città di Montevideo del 1930 e quello di Mendoza (Argentina) del 1941, il Palacio Municipal, l’Hotel Rambla e il Montevideo Rowing Club.

Foto: Fundación Cravotto

"Nelle sue teorie urbanistiche lui prendeva in considerazione dei fattori che prima venivano trascurati, ossia gli aspetti demografici, climatici e statistici. Era una visione urbana nuova più realistica, che non si proponeva solo di abbellire una città ma offriva anche analisi e conoscenza".

Matteo Forciniti