Tempi duri per i bambini e le adolescenti d’Egitto, contro cui nelle ultime settimane si è scatenata la mania del controllo delle autorità del Cairo.

I filoni sono due: da un lato il divieto di far volare aquiloni, l’ultima frontiera delle "minacce alla sicurezza nazionale"; dall’altro la stretta sulle ragazze di TikTok, accusate di compromettere "i valori familiari della società egiziana" con i loro video da adolescenti bramose di libertà. In entrambi i casi, chi sgarra paga: notti in cella anche per minorenni e multe salate per tutti, così da trasformare i genitori nei primi censori dei propri figli.

Nel caso degli aquiloni, a finire dietro le sbarre sono stati anche gli stessi geni- tori, insieme ai negozianti rei di aver continuato a vendere i pericolosi oggetti. Secondo Middle East Eyes, sarebbero "centinaia" i ragazzini che sono stati posti in stato di fermo, anche per una o due notti in commissariato, per aver fatto volare aquiloni in almeno quattro città egiziane.

L’aquilone è da sempre uno dei giochi preferiti dei bambini egiziani, anche grazie al suo costo contenuto e alla possibilità di fabbricarlo in casa. È un gioco che ha tenuto compagnia ai bambini egiziani durante il rigido lockdown, quando si sono accontentati di un tetto, un balcone o una semplice finestra per far volare i loro sogni di carta.

Quando, il 27 giugno, il coprifuoco è stato revocato, in molti si sono riversati sulle sponde del Nilo per lasciar finalmente scorrere il filo.

Ma l’emozione è stata stroncata subito: nelle settimane successive, dal Cairo ad Alessandria, la polizia ha iniziato a sequestrare centinaia di aquiloni e a fermare i proprietari. Fermi sono stati compiuti anche a Suez, Helwan e Menofia, a nord della capitale. Alcuni sono stati rilasciati dopo qualche ore, altri hanno trascorso la notte in cella. Ufficialmente – scrive Avvenire - gli aquiloni sono stati messi al bando per tutelare in primis la sicurezza degli stessi ragazzini, dopo che alcuni erano caduti dai tetti mentre armeggiavano con gli aquiloni. L’opposizione, però, sostiene che dietro la misura ci sia un nuovo intento di incrementare il controllo sociale.

Di sicuro c’è l’ossessione per la sicurezza nazionale, in un Paese che ha ambizioni geopolitiche nel Mediterraneo allargato. A giugno il deputato Khaled Abu Talib, esponente della commissione Difesa del Parlamento, aveva lanciato l’allarme aquiloni, chiedendone il bando totale. Questi ultimi – secondo il politico – avrebbero messo in pericolo non la sicurezza individuale bensì quella nazionale per la possibilità di applicarvi piccole telecamere per spiare le postazioni militari. Poi è arrivato il governatore di Alessandria, Mohamed al-Sharif, che ha imposto il divieto anche sulle spiagge, sostenendo che gli aquiloni erano stati causa di diversi incidenti. Ma per ogni aquilone appeso al chiodo c’è almeno un ragazzino o un adolescente in più assorto nel proprio telefonino, magari intento a postare pericolosi video sovversivi sul social network più amato dai teenager. Se poi a digitare su TikTok è una ragazza in abiti moderni e fare disinibito, ecco che rischia di configurarsi un altro illecito: "violazione dei valori della famiglia tradizionale egiziana", reato punibile con sei mesi di carcere e pesanti sanzioni.

La scorsa settimana – denuncia il sito The New Arab – due giovani sono state arrestate nella città di Nasr proprio a causa della loro attività su TikTok, unendosi a una dozzina di casi simili registrati dall’aprile di quest’anno a oggi. L’accusa per tutte loro è di "pratiche immorali", un termine vago che arriva a implicare la prostituzione attraverso la piattaforma video. In realtà, secondo una petizione lanciata su Change.org da TikTokWomenEgypt, si tratta di una "repressione sistematica" contro giovani influencer il cui peccato originale può essere innocuo come pubblicare un selife in abiti alla moda o ballare sulle note dell’ultimo tormentone musicale.

In altre parole, il normale comportamento online di un’adolescente di oggi. L’aspetto ancora più grave è che l’accusa di "comportamento immorale" è stata mossa anche contro ragazze che hanno usato la piattaforma come canale di denuncia di stupri e ricatti, come è il caso della 17enne Menna Abdel Aziz. Alcune indossano l’hijab, altre si filmano in top e jeans strappati. Mawada al-Adham e Manar Samy, arrestate rispettivamente a maggio e giugno, hanno carriere in erba come influencer su TikTok e altre piattaforme.

Nella sua petizione, il gruppo nato a sostegno delle TikTokers egiziane chiede alle autorità del Cairo di smettere di perseguitare queste ragazze, per lo più provenienti da classi sociali medio-basse. "Se è vero che vengono punite perché i loro contenuti ‘violano i valori della famiglia egiziana’, possiamo almeno sapere quali sono questi valori?". Domande che rimbalzano nel web, ma non arrivano alle orecchie di chi ha sempre più in sprezzo il concetto di libertà.