Si apprestano a cominciare le operazioni di voto del referendum costituzionale in Uruguay. A partire da questa settimana l’Ambasciata comincerà a inviare i plichi agli elettori. L’annuncio è stato dato dal Comites nel corso della videoconferenza organizzata domenica su Zoom che ha illustrato ai partecipanti i caratteri principali della riforma che prevede un taglio del numero di parlamentari del 36,5%. I rappresentanti della collettività sono molto preoccupati per la tempistica nell’organizzazione del voto su un tema che li riguarda da vicino: la riforma inciderà anche sulla rappresentanza degli italiani all’estero che passerà dagli attuali 18 parlamentari (12 deputati e 6 senatori) a 12 (8 alla Camera e 4 al Senato).

Per il presidente del Comites Alessandro Maggi "al di là delle ragioni del sì e del no l’aspetto più preoccupante è stato quello di non rinviare il referendum facendoci dunque votare in queste condizioni molto speciali dovute alla pandemia. Il rischio sarà quello di compromettere la partecipazione di milioni di elettori". Preoccupazioni, queste, che riguardano anche l’ambito locale come hanno denunciato diversi consiglieri che chiederanno nei prossimi giorni un incontro con l’Ambasciata per verificare la situazione.

"È vero" -ha affermato Filomena Narducci- "che qui in Uruguay le condizioni sono molto migliori rispetto ad altri paesi dell’America Latina. In ogni caso preoccupa la situazione della posta che si occuperà della distribuzione dei plichi e che in questo periodo non sta funzionando bene. Il timore è che le buste arriveranno con ritardo rispetto alla scadenza e dato che abbiamo un precedente inquietante (quello delle elezioni del 2018) allora bisogna essere vigili. Spero che l’Ambasciata abbia chiesto la posta celere. Anche se i costi sono maggiori questa sarebbe l’unica opzione per rispettare i tempi".

Renato Palermo, consigliere del Cgie (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero), ha denunciato la "totale assenza" di una campagna informativa all’estero da parte delle istituzioni italiane: "Abbiamo poco tempo a disposizione ma dobbiamo fare tutto il possibile per cercare di informare la collettività su una questione molto delicata che avrà pesanti conseguenze tanto sulla nostra rappresentanza così come quella delle regioni italiane più piccole. Questa è una riforma populista figlia della sfiducia di cui gode la politica in Italia. Se il vero motivo fosse stato quello del risparmio, allora bastava ridurre gli stipendi dei parlamentari".

Nel corso della videoconferenza è intervenuto anche il segretario del Cgie Michele Schiavone che ha illustrato i tratti principali e la genesi di questa riforma fornendo poi la posizione espressa dal Cgie: "Con queste nuove modifiche verrà meno il principio di rappresentatività degli italiani all’estero. Ci sarà anche una contraddizione con lo spirito originale della legge sul voto estero che passerà da proporzionale a maggioritario. Tutto ciò ci riporta indietro nel tempo a un sistema di rappresentatività di censo come era prima della Repubblica perché solo i partiti più forti e i candidati con più risorse economiche saranno in grado di competere in circoscrizioni con territori enormi".

Come ribadito più volte recentemente, Schiavone è molto preoccupato per l’organizzazione del voto: "Mancano le garanzie affinché gli italiani nel mondo possano esercitare democraticamente il loro diritto di voto. Alcuni consolati sono chiusi a causa della pandemia, altri lavorano a rilento per l’emergenza e non esistono praticamente informazioni sull’argomento in Uruguay come altrove. I Comites possono fare pressione alle ambasciate per sollecitare una campagna informativa, le risorse economiche per poterla fare esistono. Chiediamo, inoltre, un impegno straordinario al sottosegretario Ricardo Merlo per far rispettare il diritto dei cittadini italiani a votare".

Il consigliere del Cgie Rodolfo Ricci ha infine ricordato come dal 2000, quando fu istituito il voto all’estero, "il numero degli italiani nel mondo è praticamente raddoppiato. Anziché aumentare la rappresentanza come indicano i numeri oggi assistiamo alla proposta di ridurla di più del 30%. Quello che è più grave però è che l’inefficienza del paese non farà votare milioni di persone e questa è un’ulteriore contraddizione".

Matteo Forciniti