Sesto al Reghena è un magnifico borgo in provincia di Pordenone, al confine tra il Friuli e il Veneto. Oggi ha quasi 6.000 abitanti e origini che vanno indietro fino all'età pre-romana. In questa splendida parte d'Italia c'è l'Abbazia di Santa Maria in Sylvis, creata a metà dell'VIII secolo. Simbolo del borgo, fulcro di spiritualità, ma anche di tanta arte e cultura. Furono i Longobardi a fondare l'Abbazia benedettina e ancora oggi, passati tanti secoli, è una delle più importanti istituzioni monastiche della regione. Ci sono tanti tesori, nella chiesa e nella cripta. Un gioiello italiano e come tale, purtroppo, preso di mira dai ladri di opere d'arte. E non si tratta purtroppo di episodi isolati.

L'Abbazia di Santa Maria in Sylvis di Sesto al Reghena

Infatti si sono ripetuti al punto da costringere l'anno scorso l'abate Giancarlo Stival a far pagare un biglietto di 2 euro per visitare il complesso abbaziale, l'unica maniera di tenerlo aperto al pubblico: solo così infatti era possibile assumere un servizio di sorveglianza. "Negli ultimi anni - aveva ricordato nell'occasione l'abate - sono stati diversi i furti che ci hanno colpito". Bibbie antiche, candelieri, affreschi, fregi e sculture e una delle razzie più odiose, si ebbe nel 2002. Dopo tanta sofferenza però l'altra settimana è arrivata anche una bella notizia per l'Abbazia, addirittura dagli Stati Uniti, Texas, Dallas. Le autorità americane, guidate dagli agenti dell'ICE hanno infatti recuperato un dipinto rubato proprio 18 anni fa.

Si tratta della 'Assunzione della Vergine Maria', un'opera d'arte che risale al 1851, del pittore Giuseppe Pappini. Un artista poco conosciuto, ma che ha contribuito a rendere l'Abbazia una culla dell'arte, infatti i numerosi dipinti ospitati sono tutti di particolare rilevanza: ci sono opere di fra' Giovanni da Fiesole, ma anche di discepoli di Giotto, poi ancora il Padovanino, il Bellunello, Benozzo, un elenco lungo, impossibile nominare tutti gli artisti, del quale fa parte anche Giuseppe Pappini. Il successo dell'operazione si è avuto grazie alla collaborazione tra ICE (Immigration and Customs Enforcement) e HSI (Homeland Security Investigation) e proprio dall'ufficio di Roma di quest'ultima agenzia è partita la segnalazione che ha messo in azione gli agenti sul suolo americano.

La Chiesa dell'Abbazia

L'opera è stata ritrovata nella casa di un collezionista privato di Dallas che a sua volta l'aveva acquistata da un commerciante d'arte nel 2015: entrambi erano all'oscuro della provenienza furtiva del dipinto di Pappini. Una volta appreso che il grande quadro era stato trafugato in Italia, volontariamente il collezionista privato ha accettato di consegnarlo agli ufficiali della HSI in modo da poterlo fare rimpatriare e riportarlo così, finalmente, dopo un'assenza durata 18 anni, al monastero friulano.

"Indagare sulla perdita, saccheggio di beni che fanno parte del patrimonio culturale e restituirli ai Paesi di origini rappresenta una parte importante della missione diversificata di HSI - ha spiegato in un comunicato l'agente speciale Ryan L. Spradlin, responsabile di HSI Dallas - I nostri investigatori e funzionari ricevono un training speciale in più di 40 Paesi in tutto il mondo e non collaborano soltanto con governi, agenzie, esperti che condividono la nostra missione di proteggere le opere d'arte, ma al tempo stesso addestrano colleghi di altre nazioni su come trovare, autenticare e far rispettare la legge per recuperare questi oggetti".

L'opera di Giuseppe Pappini ritrovata a Dallas

Dal 2007 l'ICE ha restituito oltre 12.000 opere d'arte, di ogni tipo, a più di 30 nazioni in ogni parte del mondo. E l'Italia in questa classifica si trova nelle primissime posizioni: dai dipinti come in questo caso fino ad anfore e manoscritti miniati preziosissimi. Ma nel nostro Paese il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale ha rappresentato il 3 maggio 1969, giorno della sua fondazione, il primo organismo al mondo destinato alla lotta contro il depauperamento artistico anticipando anche la raccomandazione dell'UNESCO, arrivata un anno dopo, che indicava agli stati aderenti la strada per adottare misure di lotta contro il fenomeno.

Ma nonostante gli sforzi, sempre più elevati, da parte delle forze di polizia in ogni parte del mondo, i movimenti illeciti degli oggetti d'arte attraverso i confini internazionali continuano a ripetersi. E studi su questo crimine hanno confermato che si tratta del terzo più comune a livello internazionale, dopo il traffico di armi e droga e uno studioso del fenomeno, Frank Weingher, ha stimato che annualmente il commercio illegale di beni culturali raggiunge un valore compreso tra 6 e 8 miliardi di dollari.

Roberto Zanni