C’era una volta la terribile fatica del pescatori, madri comprese, che dovevano tirare a braccia dal mare le grandi reti da pesca. Ma qui ormai è solo un ricordo. Qui dove? In uno slargo all’incrocio di tre vie (avenida 25 de Abril, rua Gil Eanes e avenida Movimento das Forças Armadas) della cittadina portoghese Costa da Caparica. È una località turistica che prende il nome dalla omonima costa atlantica che allinea una spiaggia lunga ben 33 chilometri.

Qui c’è un grande monumento in bronzo che immortala una fila di tre pescatori, compresa una donna con un bambino in braccio. Sono tutti evidentemente impegnati a tirare con grande sforzo dalle onde anch’esse di bronzo qualcosa che non si vede. La pesca. La sforzo è tale che i tre pescatori sono tutti notevolmente piegati indietro. Qualcosa che non si vede, ma che ovviamente non può essere altro che le funi della rete da tirare a riva dopo essere stata calata al largo dalle pesanti barche atlantiche.

Venti uomini per spingere una barca da pesca - Tanto pesanti da dover essere spinte in mare da oltre 20 uomini, gli stessi che poi devono salire a bordo della barca da pesca per azionare i lunghi remi. La dedica spiega che il monumento, inaugurato nel 1986, è l’omaggio "ai bravi lavoratori del mare i pescatori". Ma quella immane fatica è solo un ricordo. La ressa di turisti e curiosi c’è nel pomeriggio di ogni giorno eccetto il sabato e la domenica, e non c’è mascherina anti Covid o distanza sociale di sicurezza che tenga. Ressa per assistere a uno spettacolo unico al mondo e attenderne con ansia la guizzante conclusione.

I turisti non mancano mai anche perché Costa de Caparica è la località marina più amata dagli abitanti della vicina capitale del Portogallo "Luce Buona", cioè Lisbona. Ha inizio dalla foce del fiume Tago, confine meridionale della città, per andare verso sud. I pescatori di Costa de Caparica hanno avuto un’idea di pesca che a quanto pare, pur essendo il classico uovo di Colombo, sono gli unici al mondo ad averla partorita. E messa in pratica. Di che si tratta?

Ora c’è un trattore per la pesca - Un pesante barcone atlantico in legno e a fondo piatto viene spinto in mare da un trattore. Si dirige al largo dipanando una fune il cui capo è stato assicurato a un rotore cilindrico in metallo sul retro dello stesso trattore. La fune è lunga un chilometro, a volte anche più, e termina con una rete a forma di cono schiacciato con bocca larga 40-50 metri tenuta a galla da boe rosse. La lunga fune viene man mano calata in mare seguita dalla rete, a sua volta assicurata sull’altro lato della bocca a una seconda fune della stessa lunghezza della prima.

Una volta calata in mare la rete, il barcone inizia a tornare verso riva dipanando man mano la seconda fune. Arrivato a riva, la parte finale della seconda fune viene assicurata al rotore cilindrico di un altro trattore, distante dal primo una 60ina di metri. Dopodiché entrambi i trattori iniziano a far girare i rotori di metallo per avvolgere man mano entrambe le funi. Comincia così il lento tirare a riva la rete e l’ansiosa, lunga attesa, più o meno un’oretta. L’attesa diventa frenetica, soprattutto per la ressa di turisti, curiosi e bambini, quando compaiono le boe rosse che segnalano la rete e i trattori cominciano ad avvicinarsi tra di loro per tirare meglio la rete a riva.

Turisti e gabbiani come impazziti - Quando la rete viene trascinata sulla sabbia e mostra il suo bottino tutti i presenti sembrano impazziti, non possono fare a meno di intralciare il lavoro dei pescatori. La massa di pesci è infatti tutto un frenetico guizzare di corpi argentei: sarde, orate, sgombri, dentici… Uno spettacolo non solo per gli occhi, davvero elettrizzante, contagioso. Telefonini e macchine fotografiche vengono scatenate in modo invadente per riprendere in massa ogni particolare.

Dalle facce dei pescatori intabarrati in tute impermeabili e impegnatissimi nel loro lavoro al saltabeccare senza pace dei pesci prima di arrendersi all’agonia. Come se non bastasse, le centinaia di gabbiani immobili in paziente attesa sulla sabbia – scena a metà tra il film Uccelli, di Hitchcok, e il famoso esercito cinese di terracotta – decollano di colpo in massa, si scatenano in stridii furiosi e in un vortice di ali per temerarie invasioni di campo. Nel tentativo di arraffare almeno qualche rimasuglio di pesce.

Due volte al giorno - Lo spettacolo, cioè il lavoro, si ripete un paio di volte ogni pomeriggio dei giorni feriali. Tre anni fa veniva praticato a più o meno 2-300 metri a sud dalla foce del Tago, su una lunga spiaggia affollatissima di turisti. Ogni volta la rete arrivava con qualche tonnellata di pesci. Il loro dimenarsi pareva una estesa fontana di mercurio impazzito. I pescatori li sistemavano velocemente nelle cassette di plastica già disposte in bell’ordine. Se qualcuno voleva comprare il pesce appena pescato gliene venivano dati almeno una ventina di esemplari – pari a vari chili – per appena cinque euro.

Oggi la pesca coi trattori viene praticata a più o meno tre chilometri più a sud, dove la spiaggia è meno affollata. Il "raccolto" è molto meno ricco. Ho visto arrivare a volte la rete con pochissimi pesci, davvero pochi. Una volta l’ho vista arrivare del tutto vuota. A mostrare delusione, mista a preoccupazione per la pesca, erano più le facce dei pescatori che quelle dei turisti e dei curiosi.

Questa estate poi il mare era infestato di meduse, di notevoli dimensioni e in quantità impressionante. Tanto da essere più le meduse buttate pazientemente fuori rete dei pescatori che i pesci buttati nelle cassette di plastica da portar via. Unica presenza rimasta massiccia e imperturbabile, l’orda dei gabbiani. Costretti però a volare in tondo più del solito e a planate per arraffare qualcosa da mangiare tanto ardite quanto pericolose: capita infatti che i pescatori agguantino al volo un gabbiano e lo lancino via stizziti.

Un monumento in bronzo alla pesca - Della secolare dura fatica dei pescatori sono rimaste, oltre al monumento in bronzo, un paio di strade e una spianata lastricate con massicce assi di legno, quelle lungo le quali venivano spinti a mano i barconi. Esiste ancora il quartiere dei pescatori. La sua via più famosa, di fatto un salotto all’aperto chiuso al traffico e lastricato di disegni fatti con gessi colorati – è quella che porta il nome del Mestre Adrião (Maestro Pescatore Adriano).

La via principale – pedonale e ricca di bar, gelaterie, trattorie e negozi di tutti i tipi – si chiama Rua dos Pescadores (via dei Pescatori). La zona è segnalata da un grande disegno murale che mostra una ventina di uomini spingere a mano in mare il classico pesante barcone dai lunghi remi. Il santo protettore è sempre S. João (S. Giovanni), come si legge su pareti di casa in rua Mestre Adrião, dalla quale partono ogni anno le folcloristiche marchas populares in onore del santo. Infine, quando muore un pescatore resiste la tradizione che vede tutti i partecipanti al funerale accompagnarlo a piedi nudi fino al cimitero.

Pino Nicotri