Che tragico errore quello di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e un po’ di meno Silvio Berlusconi, a schierarsi a favore del Sì. Uno sbaglio politicamente demenziale da pagarsi caro, tanto è vero che la vittoria ha rafforzato e blindato sia il Governo che l’alleanza fra grillini e Nicola Zingaretti. Se il centrodestra si fosse schierato col fronte opposto, come oltretutto sarebbe stato giusto vista la bruttura della riforma approvata, oggi il Conte bis voluto dai grillini, avrebbe celebrato una sconfitta epocale e una legnata in bocca da fare tanto tanto male.

Del resto, basterebbe analizzare un po’ di conti, perché se il No praticamente orfano di tutti avesse avuto dalla sua il centrodestra compatto, anziché il 30 per cento avrebbe fatto il botto, le proporzioni si sarebbero invertite e le conseguenze negative sulla maggioranza avrebbero minato l’alleanza. Ma c’è di più, perché la vittoria del no col sostegno del centrodestra unita a quella nelle marche, avrebbe ribaltato l’esito finale della tornata elettorale, e oggi tutta l’informazione avrebbero celebrato il successo dell’opposizione anziché dei grillini, Zingaretti, Conte e compagnia cantante.

Per questo parliamo dell’errore tragico di Salvini, perché sia chiaro quando si sbaglia è il leader di uno schieramento che deve pagare il conto e il paradosso vuole che in questo caso il costo del peccato sia tanto forte da sconfiggere la sorte. Mentre gli elettori continuano a premiare il centrodestra aumentando le regioni governate, il potere contrattuale dello schieramento tocca il punto più basso, tanto è vero ed è questo il paradosso, che da oggi e fino al 2023 sarà impossibile riuscire a scrollarsi i giallorossi di dosso, roba da matti.

Ecco perché scriviamo chi sbaglia paga e delle due l’una o sotto sotto il centrodestra è complice di una situazione inspiegabile oppure come pensiamo noi deve cambiare leader e strategia, Salvini deve andare via e lasciare il posto a qualcun altro o altra che sia. Per farla breve vi sembra normale che in Italia con 15 regioni su 20, il centrodestra non tocchi palla? Non conti un tubo e subisca un governo che nel Paese è in larga minoranza? Vi sembra normale che governando i tre quarti del territorio nazionale non riesca a farsi sentire al Quirinale?

Pensate solo per un attimo a parti invertite cosa avrebbe potuto fare il centrosinistra e il suo leader chiunque fosse, avremmo assistito alla Bastiglia, alla rivoluzione d’ottobre, ad una forza politica d’urto tale, da spingere perfino il Colle a intervenire per mettere equilibrio con la realtà elettorale. Invece Salvini che dopo l’errore in Emilia-Romagna si è ripetuto in Toscana che forse con un altro candidato avrebbe portato un diverso risultato, canta vittoria, de che? Verrebbe da dire, bella vittoria aver toppato sul referendum per consegnare definitivamente il Paese ai giallorossi, perché sia chiaro da oggi questo governo farà il bello e il cattivo tempo fino al 2023.

La maggioranza si farà una legge elettorale, sistemerà in proprio i collegi, eleggerà un suo nuovo presidente, gestirà il Recovery, ci consegnerà al Mes e dunque all’Europa, farà nomine a gogò, userà le inchieste sulla Lega, porterà il Paese al voto nel 2023 dopo aver sfiancato il centrodestra per assicurarsi la vittoria, questo è il risultato della leadership Salvini con 15 regioni su 20 in mano, da non credere. Ecco perché Salvini deve dimettersi, è dall’inizio che non ne azzecca una, dall’errore demenziale sul governo gialloverde che ha dato un colpo mortale ai conti, alla tutela delle garanzie, alla fiducia degli investitori, pensate solo alla prescrizione, a quota 100 che si è portata dietro sia il reddito grillino sia la via della seta, alla stessa legge sulla riduzione dei parlamentari.

Per non parlare del Papeete, della moto d’acqua, del citofono, del rosario come fosse un totem, della crisi del 2019 fatta dando fiducia a Zingaretti, sic, del tentativo di ricucire con Luigi Di Maio altro sic, dell’ostracismo a Berlusconi perché convinto di poter fare a meno di Forza Italia, una catena catastrofica di errori imperdonabili, fino all’ultimo più grave sul referendum. C’è poco da dire Salvini non ha la stoffa di un leader, tanto è vero che in un anno ha perso per strada il 10 per cento dei voti che aveva e non è finita, non ha il carisma, non guarda oltre il naso il contrario di ciò che servirebbe, ecco perché il centrodestra è in crisi di rappresentanza e forza contrattuale e con 15 regioni si fa mettere sotto da un governo sostenuto da una maggioranza politicamente ipocrita.

Al centrodestra serve un capo con una visione politica globale, che unisca le forze liberali riformatrici e garantiste senza correre dietro ai più faziosi, che non parli solo di porti ma dello sfascio economico e sociale che viviamo per via dell’incoscienza di un esecutivo di seconde file, che proponga un progetto culturale complessivo e alternativo alla sinistra, che salga al colle con l’autorevolezza necessaria di chi governi 15 regioni su 20 e non può essere escluso in punta di diritto. Solo così il centrodestra potrà resistere per vincere, farsi sentire per contare, alzare la voce per farsi rispettare, altrimenti diamoci pace perché la sinistra è diabolica, pervasiva, infiltrante e interferente, con altri due anni e mezzo di governo ci farà subire le pene dell’inferno, alla faccia del sì per coerenza. Sic finale e gigantesco.

ALFREDO MOSCA