Il risultato veniva dato per ovvio. Sono bastati i primi exit poll a confermare le attese. Il sì stravince nel referendum per il taglio dei parlamentari del 20-21 settembre, con una quota di favorevoli che sfiora il 70%. L’esito della consultazione è stato tra i pochi a diventare chiaro da subito, in una doppia giornata elettorale scandita dalle elezioni regionali e il “pareggio” fra i risultati di centrodestra e centrosinistra nelle sei amministrazioni.

La vittoria del sì rinforza l’asse governativo tra Cinque stelle e Pd, complice l’assist involontario di partiti di opposizione come Lega e Fratelli d’Italia. Il successo rinsalda il segretario dem Nicola Zingaretti e rilancia Luigi Di Maio al centro della scena. Ma quali sono le conseguenze concrete per l’assetto del Parlamento? Per cominciare:

- Passare da 945 deputati a 600 avrà impatti sull’attuale legge elettorale, il Rosatellum, con due effetti negativi per la rappresentanza: minore relazione dell'eletto con il territorio e aumento dei costi della campagna elettorale

- Si assiste alla riduzione della rappresentanza nelle regioni medie e piccole del Senato, dove per Costituzione l'elezione deve avvenire su base regionale: le regioni della dimensione delle Marche e della Basilicata, scrive Patta, passerebbero da 7 seggi a 3,4 o 5 con la conseguenza che verrebbero rappresentate solo le prime due forze politiche

- Lo squilibrio dovrà essere tamponato da alcuni rimedi costituzionali, dall’abbassamento dell’età per il voto al Senato da 25 a 18 anni all’eliminazione dell’obbligo di base regionale per l'elezione alla Camera alta. Senza dimenticare le riforme dei regolamenti parlamentari, per esempio sul quorum alle votazioni e le commissioni, e il nodo della riforma elettorale. Pd e Cinque stelle sono favorevoli al proporzionale, ma dovranno superare le perplessità degli alleati e il no secco delle opposizioni.