Di Maio si attesta la vittoria referendaria e scarica sugli altri le sconfitte locali. Sconfitte che scottano e che per il Movimento sono un vero scossone. Per esempio in Puglia nonostante M5s abbia fatto di tutto per far perdere Michele Emiliano alla fine è rimasto deluso. E in Campania, regione di Di Maio, nel 2018 M5s era oltre il 50%, ora si è fermato al 13%. Per tanti è la continuazione di uno psicodramma. Di Maio se ne lava le mani. "Sono molto orgoglioso del risultato del referendum. Le regionali invece potevano essere organizzate diversamente e anche nel Movimento con un’altra strategia". Il missile va nella direzione di Vito Crimi, nonostante ufficialmente gli venga rinnovata la fiducia. In realtà il ministro degli Esteri apre il congresso del partito, nel giorno in cui riesce a portare a casa con percentuali vicine al 70 una bandiera così identitaria per il Movimento.

Negli uffici di Montecitorio ci sono un po’ di grillini che più hanno un peso nel Movimento: il viceministro del Tesoro Laura Castelli, il ministro per l’Innovazione Paola Pisano, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, i capogruppo a Camera e Senato Davide Crippa e Gianluca Perilli, i parlamentari Carlo Sibilia e Francesco D’Uva. Poi è il momento della foto sul terrazzo che ritrae gli esponenti del M5S portatori di una visione "governista". Non c’è spazio, almeno nello scatto che viene postato, per Vito Crimi, attuale capo politico. In fondo la gara alla successione è iniziata e Di Maio si sta muovendo. Per una squadra allargata puntava su Chiara Appendino, sindaco di Torino, che però da ieri é fuori dai giochi a causa di una condannata a 6 mesi per falso ideologico nell’ambito del processo Ream.

La vittoria del Sì, con circa il 70% degli elettori, conferma la riduzione del numero dei parlamentari. Un taglio di 345 eletti, con i senatori che scendono dagli attuali 315 a 200 complessivi, mentre i deputati vengono ridotti da 600 a 400. Un risultato che blinda la maggioranza, con i partiti che sostengono il governo schierati per il Sì (anche se Iv ha lasciato libertà di voto, pur avendo votato la riforma nell’ultimo passaggio parlamentare). E come succede in questi casi, è stato il giorno dell’esultanza. Anche per il Partito democratico che ha rivendicato la vittoria referendaria. Tanto che Walter Verini corre a precisare: "Zingaretti ha lavorato per unire, ha lavorato per il Sì al referendum, quindi non vedo alcun rischio per la sua leadership". I

pentastellati fanno un passo in avanti sfidando gli alleati di governo sul terreno di nuove riforme, tra cui il taglio degli stipendi dei parlamentari e la nuova legge elettorale. Il segretario dem non ha voglia certamente di mettersi in un angolo e getta la palla ancora più in là proprio quando dalla Toscana e dalla Puglia gli arrivano ottime proiezioni: "Ora avanti con le riforme speditamente". Mentre sul fronte delle alleanze è scattata l’ora delle accuse: "Dai dati" delle regionali "emerge che se ci avessero dato retta di più i nostri alleati, l’alleanza di governo probabilmente avrebbe vinto quasi tutte le regioni italiane. L’unità non è un problema né un rischio ma una opportunità".

Per la Lega, al contrario, "la logica conseguenza" della vittoria del Sì "è che si vada subito al voto. Anche perché non si spiegherebbe come si possa tenere altri tre anni un Parlamento non in linea con la Costituzione. È ancor peggio poi che questo Parlamento, non in linea con la Costituzione e la volontà popolare, possa eleggere il prossimo presidente della Repubblica". Ma la vittoria del Sì blinda almeno fino alla prossima primavera anche la legislatura: occorrono infatti due mesi per la ridefinizione dei collegi, a seguito del nuovo assetto del parlamento. Dopodiché si entra nel vivo della sessione di Bilancio e a gennaio la Commissione Ue vuole i progetti del Recovery Fund. Dunque, la prima possibile finestra elettorale si aprirebbe solo da febbraio e fino a fine luglio, quando scatterà il semestre bianco, periodo in cui non si possono sciogliere le Camere. E con la serenità che il governo almeno per un po’ non dovrà smobilitare, nel Movimento si aprano gli Stati generali con Di Maio tornato sulla scena.