Caro Direttore, dopo aver appreso del risultato del Referendum, son riuscito a capire ancora meglio quanto l’Emigrazione italiana è considerata dai nostri politici e dai nostri connazionali in patria. Per decenni abbiamo lottato per, semplicemente, "farci notare", ma con profondo rammarico, abbiamo capito quanto poco contiamo per l’Italia. Come hai chiuso l’editoriale di ieri, se Mirko Tremaglia vivesse, sicuramente avrebbe dissotterrato l’accetta per lottare contro questo establishment "anti emigratorio" che, da sempre, ha predominato nel nostro paese.

Ricordo molti anni fa quando, alcuni gruppuscoli di comunità italiane all’estero lanciavano l’idea di non comprare più prodotti italiani, semplicemente per far capire all’opinione pubblica italiana qual è il peso economico di milioni di italiani e discendenti che, per orgoglio, per patriottismo o semplicemente per amore al nostro paese, da sempre, hanno comprato FIAT, Pirelli, Benetton o Versace (chi può farlo). Ovviamente l’appello non raggiunse nessun logico obbiettivo e fu semplicemente un aneddoto.

Per capire un po’ quanto pesasse l’emigrazione italiana nel contesto socio-politico-economico del nostro paese, dovremmo rimontarci all’impero fascista. In quell’epoca esisteva una specie di orgoglio italiano, patriottismo, funzionavano enti, istituzioni, le visite di politici e persino Re d’Italia erano all’ordine del giorno! Ovviamente, non possiamo difendere un periodo nero della nostra storia, ma, dopo la Repubblica, con il passar del tempo, abbiamo assistito a un abbandono deplorevole degli italiani all’estero. Alcuni governi di centro sinistra o di centro destra, hanno riempito di belle parole quelle visite all’estero che, semplicemente, puntavano su interessi economici.

Da quando sono giornalista (ormai mezzo secolo) ho intervistato innumerevoli politici, di tutti i partiti, che cercavano di infangare brutalmente le politiche emigratorie dei loro avversari, riempiendoci di semplici iniziative "pour la galerie"! Di destra o di sinistra, sono ridottissime le eccezioni, come appunto Mirko Tremaglia, che ha dedicato l’intera vita alla politica emigratoria, riuscendo a far votare ai nostri parlamentari e convincendo i governanti di turno, che era imprescindibile un Anagrafe Italiani Residenti all’Estero e una legge per votare.

Fin dal principio, per via di quella eterna posizione di grandi inventori dell’umanità, il voto doveva avere un colore "locale" e, per questa ragione, abbiamo avuto la possibilità di eleggere dei nostri "amici"" che operano nelle comunità estere. 18 parlamentari su un migliaio, a dir la verità, sono sempre stati pochissimi, ma ora, 12, sono ridicoli! Vorrei fare una esplicita provocazione! Perché non eleggere candidati italiani e partiti italiani che avrebbero dovuto sforzarsi per accalappiare le nostre preferenze con progetti specifici per noi all’estero? Quanto sono serviti, dal 2006 ad oggi, questi parlamentari scelti nelle circoscrizioni estere?

Con questo metodo tanto innovativo come poco efficace, sono trascorsi 14 anni da quando abbiamo diritto a votare e quelle briciole di rappresentatività, per ora, sono soltanto servite a far cadere qualche governo in bilico. Abbiamo i COMITES, veri "parlamentini" all’estero, il CGIE che, anche se è servito a poco perché non ha nessun potere di decisione, è formato, in parte, da nostri rappresentanti veri. Inoltre, tutte le votazioni all’estero, purtroppo, sono state più famose per i brogli che per i risultati e sentiamo una certa vergogna per questo. Se 18 erano caramelle, 12 son briciole, ma noi cercheremo sempre di pensare in collettivo, di difendere i nostri diritti, così come i nostri doveri. Ora, dopo che Tremaglia ci ha regalato l’AIRE, sappiamo quanti siamo, circa il 10% della nostra intera popolazione... magari avessimo il 10% di rappresentatività nel Parlamento italiano... saremmo 60!

Stefano Casini