Ci viene in mente quello straordinario testo di economia e di storia che scrisse John Maynard Keynes dopo la pace e gli accordi di Versailles del 1919, perché mentre tutti festeggiavano il sì e la firma del trattato, John Maynard Keynes ammoniva il mondo su ciò che invece ne sarebbe scaturito, così è nato "Le conseguenze economiche della pace". In poche parole il grande economista voleva dire, c’è poco da festeggiare il sì di questo accordo, perché la sua sostanza pone le basi di troppi errori che finiranno col pesare tragicamente sul futuro. Aveva ragione, con Versailles si crearono gli embrioni della Seconda guerra mondiale. E a nulla valsero le promesse e i tentativi di migliorare in corso d’opera quel trattato, perché al contrario finirono per renderlo così peggiore da scatenare infine la tragedia più mostruosa della storia. Sia chiaro, la nostra è una metafora di estremo paradosso, solo per cogliere il senso delle cose quando si festeggia ciò che all’apparenza sembra un successo ma nella realtà può diventare un rischio grave e pernicioso anziché utile e glorioso. Ovviamente ci riferiamo a quel 70 per cento di italiani che ha votato il sì al referendum, non volendo o facendo finta di non capire, che il problema non fosse quello di risparmiare, perché in realtà non si risparmia niente, ma di creare la condizione per peggiorare la democrazia della nazione. Parliamoci chiaro, i problemi immensi del Paese non sono 200 parlamentari in più o in meno, ma un sistema e un apparato che andrebbe cambiato e riformato per intero, attraverso la modifica della Carta in modo sostanziale e generale. Abbassare infatti il numero dei parlamentari per dare in pasto al popolino 200 scranni e 200 stipendi, quando nel sistema pubblico di stipendi regalati ce ne sono a decine di migliaia a dire poco, significa solo prendere in giro i cittadini, tendergli un tranello cercando di trasformare il brutto in bello. Da oggi infatti, a referendum approvato, non solo non è cambiato nulla della procedura parlamentare e del sistema perfetto bicamerale, ma si è creato un vulnus di rappresentanza, una carenza grave, che si dovrà compensare con una serie di riforme da studiare, la frusta prima del cavallo. Ciò che invece malauguratamente è cambiata per davvero grazie alla vittoria del sì, è la forza del Governo, la sua stabilità e la certezza di restare in sella, a proposito di cavallo, fino alla fine della legislatura, una iattura che costerà lacrime e dolori. Del resto sarà mica un caso che tutta la maggioranza faccia festa, brindi alla vittoria, che Giuseppe Conte sia ringalluzzito, i grillini festeggino il risultato e Nicola Zingaretti sia diventato all’improvviso un grande stratega del successo giallorosso. Del fatto che il sì sia stato votato anche da Matteo Salvini e da Giorgia Meloni sembra non pervenuto, non frega un tubo a nessuno, perché quello che conta è che la maggioranza sia scampata al pericolo della sconfitta, della vittoria del no che avrebbe significato una disfatta. Perché sia chiaro, se il referendum fosse stato respinto, da Giuseppe Conte a Luigi Di Maio a Nicola Zingaretti assieme ai loro cespuglietti, avrebbero preso una legnata in bocca, per dirla con Dante, da lasciar la lingua stucca. Ma visto che il pericolo è scampato grazie agli errori demenziali del centrodestra, che ha contribuito in modo fondamentale al successo e al posto degli onori riceverà indietro solo dolori, come tutti gli italiani del resto, perché da adesso fino al 2023 i giallorossi ne faranno di tutti i colori. Le conseguenze del sì, cari amici ecco il motivo per cui l’abbiamo scritto, saranno l’abolizione del decreto sui porti che consentirà l’assedio legale dei clandestini, l’approvazione dello Ius soli che porterà una valanga di voti alla sinistra trasformando l’Italia in una babele, l’accettazione del Mes che ci consegnerà mani e piedi alla Ue e forse alla Troika e alla patrimoniale. Le conseguenze del sì cari amici saranno, una legge elettorale fatta con comodo per arrivare al 2023 e favorire la fusione e l’alleanza giallorossa, la nomina di un nuovo capo dello Stato gradito ai giallorossi, il via libera ad una giustizia che nonostante la gravità pazzesca del "caso Palamara" tira dritta come se niente fosse. Ma se questo non bastasse, il sì al referendum consegnerà ai giallorossi i soldi del Recovery fund per consentirgli di fare clientelismo elettorale attraverso l’ampliamento dell’apparato statale, di consolidare la via della Seta per diventare della Cina il più bel pianeta. Avete capito bene a cosa è servito veramente quel sì dissennato che si è votato? Altro che risparmio, velocizzazione, semplificazione delle procedure, colpo alla casta; ma quale colpo, un fico secco, col sì la casta cattocomunista, quella erede di Togliatti assieme alla grillina, ha fatto tombola e bingo in una botta e si è blindata in un vagone di piombo, come Lenin sic. Faranno in modo di qui al 2023 di sfiancare il centrodestra definitivamente e, vista l’aria che tira da quelle parti, non gli sarà nemmeno tanto difficile, perché il Trio Lescano di comando ha dimostrato, a partire da Salvini, che gli attributi sono sconosciuti, e quando arriveremo al voto per legislatura scaduta, i giallorossi daranno l’ultima mazzata. Ecco le conseguenze del sì amici e lettori, signore e signori, altro che colpo allo spreco e alla casta; è stato il più grande trappolone per prendere in mano la nazione e fare il bello e il cattivo tempo, ma ciò che veramente manda ai matti è che tutto ciò succede col centrodestra che governa 15 Regioni su 20, e allora dite voi se Matteo Salvini Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi sono vincenti oppure tragicamente soccombenti.

ALFREDO MOSCA