Non va giù, a una parte del Movimento 5 stelle, la riscrittura "pesante" dei decreti sicurezza di Salvini. Non va bene la reintroduzione della protezione umanitaria, sia pure sotto nuove sembianze, con un allargamento delle maglie della "protezione speciale". Ecco perché sembra traballare l’approdo in Consiglio dei ministri delle modifiche fortemente volute dal Pd e frutto di un accordo di maggioranza incassato dalla titolare del Viminale Luciana Lamorgese a luglio. Sarebbe "inaccettabile" - avvertono i Dem - riscrivere pezzi di quell’intesa, frutto di un lungo lavoro. E da chi nel Movimento ha spinto per cambiare i decreti Salvini, giungono informalmente rassicurazioni: nessun passo indietro. Ma fonti parlamentari pentastellate riconoscono che non è tutto a posto, la bozza di Lamorgese non è blindata: "Noi siamo per recepire le osservazioni del capo dello Stato", sillabano.

Vorrebbe dire fare poche mirate modifiche, sulla base dei rilievi mossi a suo tempo da Mattarella. Ma al tavolo di maggioranza ci si è spinti ben oltre. E il Pd, che respinge ogni ipotesi di slittamento del varo in Cdm, non vuole tornare indietro. Il premier Giuseppe Conte ha garantito che il decreto al vaglio del governo ha un respiro "molto più ampio" della semplice modifica dei decreti Salvini. A partire dal titolo, dove la parola "sicurezza" neanche compare. Il tema è l’immigrazione e nel testo, che tra le altre cose cancella le multe milionarie alle ong, ricorre spesso la parola "integrazione". È un’impostazione che piace molto a un’ala del Movimento 5 stelle il cui più illustre esponente è Roberto Fico. Ma che, a quanto pare, non tutti condividono, perché appena due anni fa, quando si governava con la Lega, quei decreti li hanno sostenuti con convinzione.

Tra gli aspetti più indigesti - ma non il solo - ci sarebbe quello dell’allargamento delle maglie della protezione speciale perché, come riconoscono fonti Dem, nella sostanza reintroduce la protezione umanitaria abolita dal governo gialloverde. I Cinque stelle si sono presentati al tavolo di maggioranza con cinque punti fermi, il "no al ritorno alla protezione umanitaria" era al numero due. "Non c’è nulla del genere nel testo, non si parla mai di protezione umanitaria", dicono alcune fonti pentastellate. Ma altre fonti dicono che quell’aspetto è da correggere. Conte, sabato scorso, ha parlato di un lavoro da completare su aspetti "tecnici". Ma martedì sera il premier e i capi delegazione, su spinta dei Dem, hanno concordato di portare il nuovo decreto in Cdm domenica 4 ottobre: la sicurezza è il primo tema su cui Nicola Zingaretti ha chiesto passi avanti, dopo il primo turno delle amministrative, e ora si dice "convinto che nei prossimi giorni, nelle prossime ore, l’approvazione ci sarà".

L’approdo in Consiglio dei ministri del testo, pronto da più di un mese, non è però ancora stato formalizzato. E c’è chi teme che nelle prossime ore il muro pentastellato possa farsi un pò' più alto. In più c’è il timore che il braccio di ferro in corso sottotraccia nel governo sfoci in Parlamento in uno scontro aperto, che vedrebbe i pentastellati divisi e i voti al Senato vacillare. Il calendario è reso ancora più complicato dalla concomitanza con la manovra. E la Lega già promette barricate e la richiesta di un referendum che però - osservano dalla maggioranza - non potrebbe svolgersi prima del 2022. Sulle divisioni pentastellate e la tenuta parlamentare a rischio è acceso anche il faro di Palazzo Chigi. Sul decreto sicurezza e sul Mes, ma non solo. Per fare un punto sull’agenda e capire come dare all’azione del governo quel passo più svelto invocato da Zingaretti, il segretario Pd dovrebbe incontrare il premier nei prossimi giorni.

Ma intanto, rivendica il leader Dem, sembra "rafforzarsi la coalizione": "Iniziamo a dialogare e capire che non si governa da avversari ma da alleati, parlo con Conte, Renzi, Speranza, oltre che con Di Maio", sottolinea Zingaretti, che negli ultimi mesi ha intensificato i rapporti con il ministro degli Esteri ma nega un rapporto privilegiato con lui per arginare Conte. L’asse Nazareno-Farnesina è all’origine dei retroscena (e degli auspici di Renzi) di un tandem di Zingaretti e Di Maio al governo come vicepremier. Il governatore ha frenato e per ora il rimpasto è in stand by. Ma il cambio di marcia della maggioranza ancora non si vede. Tenere bassi i toni, come in queste ore sulla sicurezza, non basta a superare le divisioni. Un nuovo equilibrio è ancora da trovare.

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