Non c’era bisogno della pandemia per capire che a settembre 2019 il Paese si sarebbe messo alla mercé degli incapaci, per due ragioni: la prima perché al Governo in maggioranza restavano i grillini che con la Lega avevano fallito, la seconda perché la squadra degli eredi di Palmiro Togliatti e dei cattocomunisti era fatta di seconde file.

Per non dire del premier, Giuseppe Conte. Sia chiaro: su Conte nulla di personale, ma un presidente del Consiglio che aveva guidato un esecutivo bocciato dai risultati, doveva essere l’ultima soluzione, anche perché parliamo di due formazioni che si erano dispregiate in ogni modo. Oltretutto, a settembre 2019 se del Covid nulla s’immaginava di molto altro si sapeva, a partire dagli indicatori che segnalavano un 2020 tutt’altro che brillante, ragione per cui dal capo agli ufficiali sembrava ovvia una selezione di politici esperti e speciali. Insomma un Governo che nel 2019 è stato presentato come quello della salvezza nazionale, in grado di riportarci al successo e di correggere gli sbagli scriteriati del precedente, avrebbe dovuto avere, altre figure, piuttosto che gli stessi di prima con qualche innesto modesto. Del resto se è vero come è vero che squadra vincente non si cambia, se è perdente si cambia eccome. Eppure detto è fatto e dai primi passi che in troppi fanno finta di dimenticare, c’è stata una incapacità e una confusione esemplare, tanto è vero che fino ad un minuto prima dell’esplosione della pandemia, il rischio di una crisi di governo era quotidiano. Dopodiché con l’arrivo del virus maledetto è iniziato un balletto di annunci e di smentite, promesse disattese, show tv con dichiarazioni di fiumi di miliardi pronti all’uso, garanzie solenni sulla capacità di contrasto della crisi, autocelebrazioni di una bravura che sarebbe passata alla storia.

Insomma ne abbiamo sentite di tutti i colori che se solamente la decima parte fosse stata vera anziché all’inferno, l’Italia oggi sarebbe stata più sicura, invece abbiamo assistito al ballo indecoroso delle mascherine, del click day, delle autocertificazioni, dell’atto d’amore bancario, dei ritardi nella Cig, delle cifre a vanvera, dei Dpcm di 400 pagine in ostrogoto, di un metti e leva continuo, un caos.

Come se non bastasse l’esecutivo si è appropriato dei pieni poteri, scavalcando sia il Parlamento e sia la Costituzione, sui diritti, le libertà, le garanzie, obbligandoci a cambiamenti sulle certezze della carta arrivando addirittura a parlare di polizia in casa, col risultato di uno stress sociale esponenziale. Sia chiaro in tutto il mondo i Governi hanno subito il colpo, commettendo errori ed omissioni, ma sulla negatività dei provvedimenti noi siamo i campioni, tanto è vero che in dieci mesi l’economia è la peggiore e sulla seconda ondata del Covid rischiamo il botto. Eppure avrebbe dovuto essere il contrario perché da mesi il Governo parla della ondata di ritorno, anzi l’ha data per scontata, ma adesso che è arrivata rischiamo la panne del sistema sanitario e la mazzata finale dell’economia e del sistema produttivo, alla faccia della bravura dell’esecutivo. Un esecutivo che nel mentre, in attesa del contrattacco pandemico, ha pensato di bruciare 100 miliardi senza che il Pil se ne accorgesse, di allargare la spesa pubblica al posto del contrario, di accumulare le cartelle fiscali anziché al saldo e stralcio, lasciare aperti i tavoli di crisi invece di chiuderli rapidamente, puntare solo sui soldi della Ue come fossero pronti piuttosto che di là da venire. È questo il motivo per cui a dispetto dei 100 miliardi la Pubblica amministrazione non paga i fornitori per decine di miliardi, si ritardano le erogazioni dei Dpcm per l’assenza dei decreti attuativi, si allungano i tempi di concessione della Cig e dei bonus, si inviano milioni di cartelle per fare cassa, insomma si prende tempo perché nonostante il Qe della Bce i soldi non bastano. Ma il colmo è il fatto che malgrado questo nel NaDef non solo si edulcorino le previsioni su Pil, deficit e debito, che dall’Ocse, al Fmi, alla Confindustria danno peggiori, ma si insista nell'espansione della spesa con miliardi e miliardi per aumenti e perequazioni degli statali come se fossimo Paperon de’ Paperoni. Eppure servirebbe l’esatto contrario, anzi sarebbe servito da febbraio scorso, un minuzioso controllo della spesa pubblica, degli eccessi, sperperi, sprechi, emolumenti, compensi, privilegi salariali, delle erogazioni improprie, dei vantaggi contrattuali insostenibili in questa fase, parliamo di decine di miliardi l’anno a partire dai costi della politica e delle istituzioni. Insomma, come si può far finta di non vedere milioni di posti a repentaglio nel privato produttivo quando si concedono aumenti a chi rischia niente e gode del bonifico sicuro per 13 o 14 volte, come si può trascurare la produzione che rischia di saltare quando si pagano cifre da nababbo per gli enti inutili, vertici di aziende decotte, consulenti per tutto, commissari a gogo, oppure organismi di Stato con appannaggi da sceicco? In un momento tanto esplosivo i sacrifici temporanei dovrebbero chiedersi a tutti e non ad una parte dei cittadini, insomma pagare meno per pagare tutti dovrebbe essere il motto di questo periodo. In fondo, non era proprio la sinistra a lanciare anni fa la parola d’ordine lavorare meno per lavorare tutti con la proposta delle famose 35 ore, visto che c’era una forte crisi occupazionale? Ecco perché la prima cosa di un Governo capace e competente avrebbe dovuto essere la revisione della spesa, la stretta del cordone, il recupero interno di risorse utilizzate per lo spreco, il troppo e certamente l’iniquo in questa fase drammatica, parliamo di sensibilità economica e sociale. E l’assurdo sta nel fatto che il sindacato sia il primo a rivendicare e andare dietro ad un Governo che finge di non sapere come siamo messi con la cassa, come se l’apparato pubblico fosse di Serie A e quello privato di Serie B, roba da matti. La realtà è che per via di un esecutivo di incapaci a partire dai grillini, stiamo andando a sbattere di brutto, perché i soldi dell’Europa arriveranno più o meno tra un anno e a rate sulla base di progetti, peraltro, ancora non definiti. E se la crisi peggiora, come sembra certo, non ci sarà più niente o quasi per nessuno altroché aumenti e spesa pubblica allegra. Ecco perché al posto del Governo dei salvatori, abbiamo invocato forte quello Draghi, che tutt’altro avrebbe fatto ad iniziare dalla scelta della squadra. Prima o poi qualcuno dovrà rendersene, responsabile per la memoria e soprattutto per la storia.

ALFREDO MOSCA