In fretta e furia, dopo aver ottenuto il "taglio del Parlamento", i demolitori della Costituzione volevano portare alla seconda lettura della Camera il disegno di legge costituzionale che diminuirebbe a 18 anni l’età necessaria a votare per il Senato, che oggi è di 25 anni. La buona notizia, al di là del merito specifico della questione, è che il Gruppo di Italia Viva ha inteso se non fermare, almeno rallentare la corsa sfrenata di questa riforma.

Non possiamo non immaginare che si tratti di tatticismi da parte del partito di Matteo Renzi, volti con tutta evidenza a ottenere dalla restante parte della maggioranza di governo qualcosa in cambio, magari in una questione, apparentemente distante, come la legge elettorale, ma resta che il Gruppo di I.V. alla Camera ha dichiarato l’intenzione di consentire anche al Senato il voto ai diciottenni, ritenendo però indispensabile partire da una visione d’insieme nel lavoro di riforma della Costituzione, ripensando anche i compiti del Senato. Infatti, se si decidesse di parificare l’età dell’elettorato attivo tra Camera e Senato, e si decidesse di cancellare il principio di elezione su base regionale del Senato, quest’ultimo diverrebbe una (inutile?) fotocopia della Camera.

Appare anche sensato il richiamo a chiarire quale legge elettorale s’intenda mettere in campo e quali correttivi al taglio dei parlamentari, e, come accennato, è verosimilmente questo argomento più defilato il vero obbiettivo di I.V. E comunque non si può che concordare sul metodo, poiché serve di fatto una visione politica e d’insieme per evitare l’effetto rana bollita, ossia uno stillicidio di piccole riforme, in apparenza autonome e di poco conto, che portino in maniera quasi insensibile alla fine della Repubblica parlamentare basata sulla democrazia rappresentativa che è stata disegnata dai costituenti senza, tra l’altro, che si capisca per tempo quale sarebbe il punto di caduta del progetto complessivo.

È da augurarsi che la decisione di Italia Viva non sia, come si può temere, un tatticismo di breve durata, merce di scambio per qualche interesse personalistico e apra invece ad una vera riflessione sulla necessità di eventuali modifiche costituzionali, e comunque sull’indispensabile quadro unitario che deve guidare delle scelte che non possono essere ispirate a ulteriori qualunquismi demagogici, come dato che si tratta di scelte che incidono sul concorso democratico dei cittadini alla vita politica, nonché sulle istituzioni di domani.

Un ultimo punto va notato: il no di Italia Viva ha bloccato la discussione sulle ulteriori riforme e ha provocato una dura reazione del Capo Gruppo del Pd Del Rio il quale ha richiamato al rispetto dei patti, giungendo a chiedere l’intervento del presidente del Consiglio Conte. In tal modo, però si lascia immaginare un coinvolgimento del governo, del tutto improprio in tema di riforme costituzionali e che, per di più, riguardano proprio il Parlamento. Il governo pro-tempore non deve e non può avere alcuna ingerenza al riguardo.

GRERGORIO DE FALCO