di Gabriella Cerami

 

Molti nomi sono quelli di sempre: l’ex capo politico Luigi Di Maio, l’anima ribelle Alessandro Di Battista, il leader degli ortodossi Roberto Fico, la pasionaria Paola Taverna.​

 

I primi tre, in particolare, hanno fatto parte del famoso direttorio che per un periodo ha guidato il Movimento 5 Stelle. Saranno loro, insieme al ministro Lucia Azzolina, al viceministro Stefano Buffagni, al sottosegretario Manlio Di Stefano, agli ex ministri Giulia Grillo, Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli, e a un po’ di nuove leve, a intervenire domenica nella giornata conclusiva degli Stati generali in streaming.​

 

Sono i 30 relatori scelti sulla piattaforma Rousseau per illustrare il documento suddiviso in tre macroaree (agenda politica, organizzazione e struttura, princìpi e regole base) e redatto dai 305 delegati votati dai circa 8mila iscritti che hanno preso parte alle prime tre settimane di confronto a livello locale.

 

Gli occhi sono puntati sulla struttura del partito e sulle regole base. Domenica non si conoscerà la nuova leadership ma si saprà che tipo di guida sarà data a M5s. Dai documenti fino ad ora elaborati è emersa la volontà di puntare su un organo collegiale, una segreteria allargata di numero dispari, con un primus inter pares, che in tanti identificano in Luigi Di Maio. I nomi però che entreranno a far parte di questa segreteria si conosceranno solo in un secondo momento, probabilmente entro Natale. Quando il Movimento diventerà a tutti gli effetti un partito, con un segretario e la sua segreteria in rappresentanza delle varie anime.

 

Ed è per questo che il week end dedicato agli Stati generali servirà per contarsi. Di fatto sul palco ci saranno le varie correnti, votate e rappresentate in questa prima fase. Ci sono le diverse visioni di Movimento. C’è chi come Luigi Di Maio vuole consolidare l’alleanza con il Pd e chi invece come Alessandro Di Battista chiede un ritorno alle origini. Il tutto si potrebbe concludere nel modo più tradizionale che esista nella storia dei partiti, ovvero con l’ingresso del più movimentista di tutti, tra l’altro sempre più isolato, in questa nuova struttura collegiale.

 

Durante la due giorni dovrebbe parlare anche Beppe Grillo. Non sarebbe stato invitato invece Davide Casaleggio, anzi i documenti scritti in queste settimane chiedono il divorzio dalla piattaforma Rousseau così come intesa oggi.

 

C’è poi il tema dei temi, quello del terzo mandato, che sembra allo stato uno dei temi cruciali anche se di fatto non all’ordine del giorno perché formalmente non affrontata da quasi nessuna delle cosiddette “mozioni” in campo. Fatta eccezione per quella capitanata da Di Battista che nella sua piattaforma ha fatto

esplicito riferimento al divieto di derogare al limite dei due mandati, se non per ricandidarsi nel proprio comune di appartenenza. Da questo punto di vista sarebbe lui ad accogliere l’indicazione, arrivata forte e chiara, dai territori che avrebbero dato mandato ai loro delegati a non avallare in alcun modo deroghe a questo principio cardine del Movimento. Il limite dei due mandati potrebbe essere il vero convitato di pietra, ma basta scorrere i nomi dei relatori, tanti big e della prima guardia, per capire che un terzo mandato nei fatti c’è già.