Attenzione: il parlamentare occupa un posto di rilievo nella politica italiana. Nicola Morra è il presidente della commissione antimafia. L’ultimo è un termine che, ahimè, quella regione del Sud conosce bene. Anche se si chiama con nome diverso. Allora, perché prendersela con quella gente che nelle ultime settimane ne ha viste di cotte e di crude?

Tre commissari per la Sanità silurati in dieci giorni, gli ospedali al collasso, una economia ai minimi termini, una disoccupazione giovanile dilagante, i viaggi della speranza al Nord. E, in più, la morte della governatrice Iole Santelli che cercava in tutti i modi di porre riparo alle tante carenze della sua terra.

Allora il senatore, invece che andare incontro ai desiderata di quella popolazione, che cosa fa? Se ne esce con due battute difficilmente qualificabili. La prima: i calabresi hanno fatto male a votare la Santelli perché tutti sapevano che non stava bene. Parole di alta umanità. Morra non si accontenta e, come si dice, spara ancora sulla Croce Rossa e ricorda la massima di un filosofo politico francese morto nella prima metà dell’ottocento. Si chiamava Joseph de Maistre. Sentenziò: “Ogni popolo ha il governo che si merita”. La massima deve esser piaciuta moltissimo al nostro senatore che l’ha ripetuta dopo aver già fatto una gaffe (eufemismo) con quanto detto in precedenza.

Si è scatenato giustamente il finimondo con la destra che ha immediatamente chiesto le sue dimissioni e il suo stesso partito, i 5Stelle, a suggerirgli almeno un passo indietro con scuse ufficiali. Il senatore ha seguito il consiglio dei suoi compagni di cordata, ma ha subito aggiunto: “Alle dimissioni non ci penso nemmeno”. Una risposta che riporta la politica indietro nel tempo quando l’allora presidente del Consiglio, Giovanni Spadolini, rispondendo alla domanda di un giornalista, affermò: “Dimissioni? E’ un sostantivo che non esiste nel vocabolario italiano”. Saggia la sua espressione ed anche veritiera. Quanto al senatore Morra, nato a Genova nel 1963, un solo modesto consiglio: di lasciar stare la Calabria, una terra che evidentemente non conosce e che continua a dare al Paese un contributo notevole di uomini di prestigio.

È meglio occuparci di questioni più serie. “Il virus rallenta”, titolano stamane diversi quotidiani. L’indice di contagio (il cosiddetto RT) diminuisce: è di un 1,18 e in quattro regioni è addirittura al di sotto dell’uno. Benissimo, ma il ministro della salute Roberto Speranza è prudente: “Non si canti vittoria”, ammonisce. L’Istituto Superiore di Sanità gli fa subito eco: “Bisogna evitare gli errori dell’estate”. Perché tanta cautela? Il mese prossimo c’è il Natale, non si vorrebbe rinunciare al cenone, agli abbracci e baci, ai regali sotto l’albero. Tutto comprensivo, ma anche a giugno si pensò che il Covid19 era un ricordo. Ne stiamo pagando ora le conseguenze. Quindi, non rinunciamo alla festa cattolica, ma limitiamola alla nostra famiglia: genitori e figli. Diventare completamente “rossi” sarebbe una vera e propria iattura.

di Bruno Tucci