Sono trascorsi 40 anni dal terremoto che devastò l’Irpinia e le aree delle regioni limitrofe. Ripensare quel periodo riporta in molti connazionali all’estero l’angoscia di un’epoca vissuta tra il bisogno di lasciar un mondo senza speranza di futuro e il richiamo alle origini per partecipare alla ricostruzione di un territorio, che doveva continuare a forgiare la propria cultura per trasmettere abitudini, storie e modi di vivere unici.

In quattro anni l’Italia era stata scossa da terremoti: prima il Friuli, successivamente l’Irpinia. Stesso dolore, stessi patemi ma due risposte diverse attraversate dalla solidarietà nazionale e dagli interventi della protezione civile. In un breve periodo l’Italia si era ritrovata in ginocchio a curarsi le ferite e si rialzò con due diversità velocità. Da una parte l’efficienza, dall’altra la lungaggine della ricostruzione, che spinse l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, a raggiungere immediatamente i luoghi della tragedia per affermare la presenza dello Stato e delle istituzioni.

Non si trattava di episodi sismici casuali ma del reiterarsi di fenomeni abitudinari che fanno dell’Italia un paese che vive in simbiosi con i terremoti. Dopo l’Irpina si sono verificati altri terremoti, alcuni con identiche intensità distruttive che hanno colpito la città de L’Aquila e le regioni del centro Italia. E ancora oggi persistono i problemi causati da abusi nello sfruttamento edilizio del suolo.

A tanti anni di distanza ricordare il terremoto dell’Irpina da parte del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero vuole essere una proiezione a ritroso di fotogrammi in bianco e nero rimasti indelebili nella memoria di associazioni e di organizzazioni italiane e straniere che si mobilitarono con uno straordinario slancio di solidarietà, che coinvolse famiglie, amministrazioni e singoli cittadini accorsi in quei piccoli comuni arroccati sulle montagne e distrutti dall’impeto funesto di una forza distruttiva.

Guardare a ritroso ci aiuta a pensare e constatare come da quelle rovine siano nati figli migliori e apprezzare il sacrificio di molti emigrati, che nonostante la tragedia hanno continuato a scommettere sulle loro origini, sui loro luoghi natii senza recidere i legami con quel mondo che oggi guarda al futuro con occhi diversi.

Michele Schiavone
Segretario generale del Cgie