Com’è bello piangere, Diego
Com’è bello piangere per te
Com’è bello piangere durante tutto il lungo omaggio di RaiUno rivedendoti in una, cento, mille immagini.
Com’è bello piangere vedendo il tuo sorriso, il tuo sorriso di ragazzo felice, il tuo sorriso di vincitore unico, il tuo sorriso tra i compagni del Napoli, il tuo sorriso fra Dalma e Giannina, ma anche il tuo sorriso tirato di uomo sofferente, il tuo bellissimo sorriso doloroso degli anni difficili.
Passano i giorni e più forte si fa questo sentimento di esserci appartenuti in questa avventura e felicità uniche che sono stati i tuoi sette anni napoletani.
Com'è bello piangere ricordando gli anni felici, ricordando Napoli quando c’eri tu, i nostri affanni che si sciolsero al tuo semplice contatto, solo conoscendoti, vedendoti, inseguendoti, stringendoti la mano, abbracciandoti un po’.
Se c’è un buon Dio, allora è stato proprio buono a tracciare la stella cometa che ti portò a Napoli. 
Se c’è un buon Dio, allora è stato proprio buono a ricompensare Napoli per tutte le sue infelicità, sofferenze e umiliazioni regalandole il piccolo, grande re magio che sei stato.
Com’è bello piangere, non di nostalgia e rimpianto, ma di allegrezza, la tua allegrezza che aveva dentro sempre il pianto per la durezza, la miseria, gli stenti della tua vita di bambino povero laggiù a Villa Fiorito.
Poteva un Dio, se c’è un Dio, soffiare sulla creta e creare un Adamo migliore? 
L’Adamo più completo: non perfetto, ma imperfetto come deve essere un Uomo, un uomo vero che è sempre un impasto di felicità e dolore, perché questa è la vita, la vita vera, la vita piena. Non un santo o un demone, ma tutte e due le cose insieme.
Se c’è un Dio, solo un Dio vero, un vero Dio può averti creato così come sei stato, Diego carissimo, un impasto che è l’impasto dell’umanità intera, quella che gioisce e che soffre, quella che cade e risorge, quella che piange e ride. 
Un impasto così napoletano, di questa città felice-infelice, forse la migliore e più completa invenzione di un Dio, se c’è un Dio.
Un Dio perfetto, come dev’essere un Dio, se c’è un Dio, ha concepito l’Uomo non perché gli assomigliasse, ma perché fosse un Uomo che Lui potesse guardare con affetto e compassione, con gioia e delusione, con felicità e rimprovero, amandolo ancora di più quando peccava e cadeva e lo tradiva.
Perché fosse il figlio fragile su questa terra. 
Un figlio vero, non uno stucchevole impasto di bontà e devozione, una marionetta santa, ma proprio un peccatore, la vera pienezza di essere Uomo offrendo a Dio, se c’è un Dio, la sua immensa fragilità per le lacrime di compassione di Dio, se c’è un Dio.
L’Uomo che cade e Dio che piange. Che cosa si può immaginare di più grande?
Tu, Dieguito dei nostri cuori, sei stato questo. La creatura che il Barba, come lo chiamavi tu, deve avere amato più di tutti.
Vedo gli All Blacks che di fronte alla nazionale argentina di rugby depongono sul prato una maglia col numero 10 e il nome di Maradona. Gli All Blacks! I guerrieri della Nuova Zelanda che, si presume, sappiano poco di calcio. Ma hai coinvolto anche loro in un mondo d’amore, questo incantesimo che hai saputo creare ora che non ci sei più, perché in vita quanti soprusi, umiliazioni, vendette e persecuzioni hai dovuto subire.
Com’è bello piangere, Diego, mentre tu piangi allo Stadio Olimpico di Roma per quell’ignobile furto della finale mondiale del 1990.
Com’è bello piangere per quella tua figura trasfigurata dalla dura lotta contro la droga, sulla faccia gonfia c’è però ancora una traccia, un accenno, uno spiraglio del tuo sorriso unico.
Com’è bello piangere per il tuo sorriso, Diego.
di Mimmo Carratelli