Il presidente russo Putin (Foto Depositphotos)

di Maurizio Guaitoli

I nemici a Occidente? "Tutti figli di Satana": Vladimir Putin dixit. Altrimenti, dal suo punto di vista, non ci sarebbe altra spiegazione al fatto che i nuovi crociati di Oltrecortina stiano per essere sconfitti dalla tecnologia degli armamenti occidentali di quel corrotto, anti Cristo e depravato di "Global West", o "Occidente globale", che poi è un'alleanza di valori in cui si riconoscono tutte le democrazie del mondo, comprese quelle asiatiche, come Giappone e Corea del Sud. Armi "sataniste" molto più evolute di quelle dell'invincibile Grande madre Russia e del suo glorioso esercito, costretto a ricorrere ai fondi di magazzino dell'ex Armata Rossa per continuare a fornire proiettili e vecchi carri armati alle sue truppe di invasione in Ucraina.

Per ribaltare i rapporti numerici con le più forti difese ucraine e pur di mantenere il punto sui territori finora occupati, sono state inviate al fronte altre decine di migliaia di reclute destinate a fare carne da cannone, per difetto di motivazione e di preparazione militare. Dal punto di vista della leadership russa, l'evento infausto, sciagurato e soprannaturale di una disfatta sul campo non può che essere attribuito al fatto che gli ex imperialisti occidentali hanno venduto la loro anima a Satana, pur di prevalere sui giusti e i buoni, figli del Patriarcato universale di Mosca il cui Papa Kirill è stato sanzionato da quei "satanisti" degli inglesi e dei loro alleati. Su questa linea, il Leader russo presenta la sua "Operazione speciale" come una lotta esistenziale per la salvezza dell'anima collettiva dell'umanità (The Times del 25 ottobre, con "A satanic propaganda ploy").

I "frutti" avvelenati del satanismo che permea oggi l'Occidente sono rappresentati dall'insegnamento nella scuola dell'obbligo delle teorie del gender fluido, sostenute dalla lobby e dal movimento mondiale Lgbtq. "Si vuole veramente che questo tipo di perversioni che portano al degrado morale e all'estinzione della specie umana rientrino a pieno titolo nei programmi delle scuole elementari? Vogliamo davvero introdurre anche da noi in Russia la dizione di "genitori uno, due e tre?". A rafforzare l'idea di questo satanismo gender, la propaganda russa sostiene che ai cittadini occidentali sia proibito per legge far riferimento a "madre" e "padre", essendo da preferire la suddetta "numerazione" genitoriale. Tematiche, queste ultime, che entrano a pieno titolo a far parte delle così dette "guerre ibride" contro il Global West, in cui la Disinformatia del Kgb di sovietica memoria apre un nuovissimo fronte religioso e metafisico contro le democrazie. Sembra la sceneggiatura di una fiction e, invece, è tutto reale e sta avvenendo proprio in Europa.

La teoria sinistra del "Satana" occidentale (il copyright però è storicamente di Khomeyni e forse questo spiega l'attuale Santa Alleanza Russia-Iran) origina nelle stanze dorate del Cremlino e dalle menti degli ideologi radicali e integralisti che ispirano l'autocrate di Mosca. Bel contrappasso davvero, se si pensa che per tutto il periodo della Guerra fredda l'Unione Sovietica fu etichettata come una Nazione senza Dio e definita da Ronald Reagan nel 1983 come "l'impero del diavolo". Epiteto che oggi, dopo quaranta anni, ci torna indietro come un boomerang!

Di recente, tuttavia, Putin ha corretto il tiro, a proposito della guerra ideologica contro il Global West, in considerazione del fatto ovvio che non sono i popoli a decidere nelle democrazie rappresentative, ma le loro élite, strizzando l'occhio, per così dire, ai partiti conservatori della destra moderata e repubblicana sia europea che americana. Il tutto, per trarre il massimo vantaggio dalle divisioni all'interno dell'Occidente e dell''America in particolare, chiamata tra poco alle elezioni di midterm, in cui i democratici rischiano seriamente di perdere la maggioranza in entrambe le Camere, mettendo un Joe Biden in grande difficoltà anche in politica estera.

Dopo novembre, infatti, potrebbe essere molto difficile per Washington riallineare alla sua politica pro-Ucraina i Paesi europei maggiormente in crisi per i prezzi alle stelle del gas e, pertanto, non più in grado di sostenere i costi della guerra e degli aiuti a Kiev. Infatti, per i Paesi della Ue, a corto di risorse energetiche, la compensazione degli ultracosti pesa sui bilanci pubblici, chiamati ad alleggerire con adeguati sussidi e riduzioni temporanee dell'Iva i costi insostenibili della bolletta energetica per famiglie e imprese.

Così Putin torna (finalmente!) alla grande politica parlando alla sua opinione pubblica di "Due Occidenti": il primo, con cui si può dialogare perché c'è condivisione sui valori cristiani e sugli ideali di Dio, Patria e Famiglia. Il secondo, invece (quello "satanico") si contraddistingue per i suoi caratteri aggressivi, cosmopoliti e neocoloniali che rappresentano le armi privilegiate delle élite neoliberali, le quali pretendono di imporre al resto del mondo i loro valori "piuttosto strani", come un sempre più ampio ventaglio dei tipi gender e di "parate gay" (New York Times del 28 ottobre, con "Putin contends Western élites are the Enemy").

La correzione di rotta, che mette nel mirino le élite, punta ad attrarre l'elettorato moderato delle democrazie occidentali per favorire un ritorno all'alleanza con la Russia, anche in considerazione che l'asse privilegiato Mosca-Pechino è molto più apparenza che sostanza, a causa dello strapotere tecnologico ed economico che separa la Cina dal "nano" russo. La strategia di Putin in tal senso è chiara: il suo obiettivo è di dimostrare che l'escalation del conflitto in Ucraina è voluta dalle élite politiche dell'Occidente e non di certo dai loro popoli che, nella stragrande maggioranza, dissentono dalle scelte dei loro governi rispetto all'atteggiamento da tenere nei confronti della Russia.

Sull'altro fronte, i Paesi occidentali che si riconoscono nel Global West ritengono che sia di vitale importanza coalizzarsi per difendere i valori universali connaturati con l'ordine liberale mondiale, mentre al contrario Cina e Russia presentano alle loro opinioni pubbliche il Global West come un tentativo per ricostruire l'egemonia perduta dall'Occidente, che ha le sue radici nell'imperialismo e nella supremazia "white". Malgrado le apparenze, i sondaggi d'opinione dimostrano come simili argomenti russo-cinesi trovino ampia audience e condivisione nei Paesi meno sviluppati del "Global South".

C'è poi da dire che al suo interno il Global West non è affatto compatto, come nota in "Xi's China and the rise of Global West" (Financial Times del 2 ottobre) Gideon Rachman, grande firma del quotidiano della City. Alcuni Paesi occidentali, pur alleati dell'America, temono i contraccolpi di questo unilateralismo da parte di Washington, a causa delle rigide restrizioni imposte all'export di tecnologia avanzata verso la Cina, che potrebbe seriamente compromettere gli interessi commerciali di grandi holding e multinazionali che operano in Sud Corea, Giappone ed Europa.

Ad esempio, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito senza mezzi termini che il suo Paese non intende rinunciare alla globalizzazione: una sorta di risposta indiretta alle prese di posizione americane in cui si teorizza una "Half Globalisation", creando così una più rigida compartimentazione tra il macrosistema occidentale e quello euroasiatico, in cui l'India starebbe a metà del guado. Le divisioni all'interno dell'Occidente, però, potrebbero essere rapidamente riassorbite se la minaccia cinese di riprendere Taiwan con la forza dovesse farsi più concreta e imminente, in base alle più fosche previsioni. Anche perché, come si è visto con l'Ucraina, il ricorso al nemico esterno, sia qui da noi che da loro, può funzionare come meccanismo di disinnesco di più gravi crisi interne in cui si sommano crisi economica, mancanza di libertà politica e strapotere delle oligarchie. In tutto questo, la novità assoluta del Governo Meloni ha un campo aperto in cui giocare, per dare all'Italia una veste di primo piano nelle vicende internazionali che contano.