Con il report "Double injustice - Human rights violations in the investigation of the Ayotzinapa case", presentato a Ginevra, l'Alto commissariato Onu per i diritti umani dichiara che sussistono "forti motivi per ritenere" che il Messico abbia coperto violazioni dei diritti umani e "torture" commesse durante le prime fasi dell'inchiesta su Ayotzinapa, garantendo poi l'immunità agli agenti di polizia che le avrebbero perpetrate con la complicità della magistratura, e insabbiando la verità sul caso.

IL CASO RISALE AL 2014
Il caso Ayotzinapa risale al 2014, quando 43 tra professori e liceali che si dirigevano in pullman a Iguala per partecipare a una manifestazione, secondo la versione ufficiale, sarebbero stati attaccati da agenti di polizia e "ceduti" a un gruppo criminale locale, i Guerreros Unidos, che prima avrebbero assassinato l'intero gruppo e poi ne avrebbero bruciato i corpi in una vicina discarica. Ma secondo l'Onu le violazioni non si limiterebbero a questo: anche durante l'inchiesta condotta dalle autorità messicane i testimoni avrebbero subito arresti forzati, violenze e torture da parte della polizia.

I RACCONTI DEI TESTIMONI
A conferma di questo, la concordanza dei resoconti raccolti dalle Nazioni Unite tra i testimoni di Ayotzinapa, molti dei quali riferiscono di arresti arbitrari, percosse e minacce da parte della polizia. "Le conclusioni dell'Onu confermano ciò che attivisti e organizzazioni per i diritti umani denunciano da anni: il ricorso alla tortura da parte delle forze dell'ordine, la manipolazione delle prove per coprire gli abusi e un sistema che assicura l'impunita' ai responsabili", il commento di Erika Guevara-Rosas, direttore di Amnesty International per le Americhe. "La falsificazione dell'inchiesta su uno dei crimini piu' orribili della storia recente del Messico dimostra in che modo le autorita' abusino del sistema giudiziario, rifiutando di riconoscere le violazioni".