Incuria. Superficialità. Leggerezza. Disprezzo. Di tutto un po’. Fatalità, può succedere, non è la prima volta e non sarà neppure l’ultima, si profondono in scuse e alibi gli avvocati difensori, immancabili e improvvisati in relazione al momento, all’argomento, al fatto. Come questo spiacevole, doloroso accadimento.

La Santa Bibiana del Bernini, uno dei capolavori del Barocco, ha perso il dito di una mano. Calma, nessun vandalo l’autore del danno. Il dito del monumento marmoreo è andato perso mentre il capolavoro veniva ricollocato in chiesa nel centro di Roma, reduce dal prestito alla
Galleria Borghese.

Santa Bibiana si presenta ora mutilata all’anulare della mano destra. La foto della mutilazione l’ha scattata un cultore dell’arte, il professore Giovan Battista Fidanza, ordinario di storia dell’arte moderna presso l’università romana di Tor Vergata. Un danno all’arte, nella fattispecie a un’opera ai vertici della scultura italiana. La mutilazione del capolavoro del Bernini conferma una pessima tendenza. È infatti solo l’ultima di una serie di sconcertanti episodi che hanno causato il danneggiamento di opere d’arte, che andrebbero invece protette come si deve, conservate con la massima cura, e mai più oggetto appunto dell’incuria e della leggerezza di chi è chiamato a curarne il trasloco, il trasporto e la collocazione da un museo all’altro.

Qualche esempio, bastano e avanzano un paio. Il dipinto della Marzia, la tavola dipinta da Beccafumi, si spezzò in due parti a chiusura della mostra alla National Gallery di Londra. Il dipinto è stato restaurato in Italia. Andò addirittura in frantumi “L’uccisione di Priamo”, il bassorilievo di Canova. Accadde nell’agosto del 2013, nello spostamento da Perugia ad Assisi. La restaurazione dell’opera è stata completata nel 2016.

Il professore Giovan Battista Fidanza ha effettuato la spiacevole scoperta in occasione di un suo seminario nella chiesa di Santa Bibiana, a Roma, che conserva la statua sull’altare maggiore. Contrariato dalla scoperta, ha chiesto spiegazioni al parroco, padre Augusto Frateschi dei Figli della Sacra Famiglia. Qual è stata la risposta? Il danno, la mutilazione della statua, si è verificato durante la ricollocazione dell’opera, non durante il trasporto.

Santa Bibiana di Bernini è tornata nella sua posizione originaria dopo l’esposizione a Villa Borghese, lunga tre mesi, da novembre 2017 a febbraio 2018. Ma l’opera aveva lasciato la chiesa a settembre, destinazione un cantiere della Conservazione Beni Culturali Società Cooperativa, aperto al pubblico. Necessitava di un restauro.

Il grave inconveniente (un disastro, tout court) sarebbe avvenuto proprio durante la ricollocazione, che avrebbe dovuto restituire alla chiesa di Santa Bibiana l’opera nella sua piena integrità, fruibile e godibile da parte di ammiratori e visitatori italiani e stranieri. Superficialità, pressapochismo e incuria sono interamente reperibili nella dinamica della vicenda e nell’assoluta mancanza di segnalazioni del Ministero dei beni culturali, della
parrocchia e del Vicariato di Roma. I proprietari della statua.

Nessuno si è preoccupato di monitorare il restauro, tanto meno è stato segnalato il grave
danno. Allora avanti con le domande, le fa Gente d’Italia. Quali sono le esatte circostanze e le precise responsabilità della rottura? Qual è lo stato attuale dell’anulare smarrito, è intero, ridotto in frammenti o conservato da qualche parte?

Significato e importanza delle dita della Santa realizzata da Bernini sono sintetizzati nella dotta scheda del professore Andrea Banti, pubblicata nel catalogo della mostra. Il viaggio al
museo Borghese è la causa che ha provocato il danno. “Le dita della mano destra, allargate e sospese in aria, sono un vero e proprio miracolo tecnico, e fanno tornare alla mente le parole
di Baccio Bandinelli”.

L’autore di una lettera, a proposito dell’Eva scolpita per la chiesa di Santa Maria del Fiore. “…perché anch’io ho traforato in modo che le dita di tutte le mani restano in aria come le proprie, vive. Che pare a ogni uomo cosa difficilissima”. Un altro esempio del livello altissimo di quest’arte è visibile e palpitante nel Ratto delle Sabine del Giambologna. Un miracolo tecnico la mano alzata nel ratto di Proserpina, dello stesso Bernini. L’opera è presente anche lei alla Galleria Borghese.

Uno sfoggio di meraviglioso virtuosismo la mano di Santa Bibiana. Testimoniato dal professore Fidanza, lo scempio risponde all’eccesso scriteriato da parte dell’industria delle
“grandi mostre”. Una volta tanto, non è stato un terremoto a colpire, e neppure un gruppo di
vandali. Ma lo spostamento, diventato il principale nemico dell’integrità fisica delle opere d’arte. La statua l’aveva collocata nella chiesa di Santa Bibiana proprio il Bernini.

Nessuno aveva mai pensato di tirarla fuori da quella sorta di nicchia. La costruzione della chiesa cominciò nel 1624, per volere di papa Urbano VII, in seguito al ritrovamento del corpo di Santa Bibiana martire. E costituì il primo incarico architettonico per Gian Lorenzo Bernini, ancora impegnato con l’Apollo e Dafne. La commissione prevedeva la realizzazione della statua da collocare come pala al centro della nicchia che sovrasta l’altare maggiore.

Bernini trasformò lo spazio scenico nella rappresentazione di un intreccio che incanta gli spettatori. Santa Bibiana appoggiata alla colonna sulla quale verrà flagellata, mentre alza lo
sguardo verso Dio Padre. L’incantesimo di Bernini e lo spettacolare barocco della sua meravigliosa Bibiana risultano ora spezzati dalla mutilazione dell’anulare. La rottura di uno straordinario equilibrio realizzato con il marmo causata da incuria, disattenzione, e dalla mania crescente delle grandi mostre.

Spostare l’arte può talvolta danneggiarla. Sarebbe opportuno lasciarla dove è stata collocata anticamente e dove tutti possono ammirarne la grande bellezza. Bastano indicazioni corrette e precise per sapere dove andare, per vedere e godere.

Franco Esposito