Bruxelles non vuole andare allo scontro con l'Italia prima ancora di conoscere l'identità del vero interlocutore, "dobbiamo rispettare la legittimità e i tempi democratici", ma il concetto che trasmette arriva forte e chiaro. "Il messaggio politico è chiaro: l'Italia deve continuare a ridurre il suo debito" affermail vice presidente Valdis Dombrovksis. "L'alto debito pubblico italiano necessità di una risposta credibile e, lo dico come amico degli italiani, dobbiamo essere attenti" aggiunge il commissario economico Pierre Moscovici.

Non solo debito. Per aggiustare i conti e riportare il deficit dentro i vincoli europei serviranno almeno 10 miliardi di euro, un aggiustamento pari allo 0,6% del Pil. La buona notizia è però che la pagella non contiene una bocciatura, per l'Italia non scatta la procedura, e se ne riparlerà in primavera 2019. Per il 2017 l'Italia è "sostanzialmente in linea" con le regole del Patto di Stabilità e Crescita, comunica la Commissione europea. "L'analisi suggerisce che il criterio del debito debba essere considerato come rispettato" per cui "abbiamo deciso di non aprire una procedura per debito per l'Italia" ha detto il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis.

È il 2018 a preoccupare: l'aggiustamento dei conti pubblici dell'Italia "appare inadeguato", per cui l'Italia rimarrà sotto osservazione: "La Commissione rivaluterà il rispetto" delle regole del Patto di Stabilità "sulla base dei dati ex post per il 2018 che saranno notificati nella primavera del 2019". Per il 2018 la Commissione si aspettava una correzione da 0,3 punti che non c'è stata e non è prevista nel Def dal Governo Gentiloni, in carica ormai solo per gli affari correnti. Con il peggioramento del saldo strutturale di un ulteriore 0,3% nel 2019, la deviazione dall'obiettivo di risanamento concordato si allarga a 0,6%, circa 10 miliardi di euro. "Mi auguro che una cooperazione" con il futuro governo italiano che sia
"basata sul dialogo, la comprensione e la reciprocità" sottolinea Moscovici, perché "l'Italia è uno dei Paesi fondatori" dell'Ue "e al cuore dell'eurozona, ed è in questo quadro che deve iscriversi la sua traiettoria" futura.

Il "percorso europeo" viene tracciato: ridurre i crediti deteriorati, sostenere le ristrutturazioni bancarie, attuare la riforma sull'insolvenza, migliorare l'accesso al finanziamento market-based per le imprese. Spostare il carico fiscale dal lavoro, anche riducendo le tax expenditure e riformando il catasto. Rafforzare la lotta all'economia
sommersa, anche rafforzando l'utilizzo obbligatorio degli e-payments riducendo la soglia dei pagamenti in contanti. Ridurre la spesa pensionistica, che è tra le più alte dell'Ue, percreare spazio per altra spesa sociale, tagliando le pensioni alte non coperte dai contributi. Ridurre la durata dei processi civili, attuando la semplificazione delle procedure, comprese quelle già in discussione. Puntare ad una più efficace prevenzione e repressione dellacorruzione,
riducendo la durata dei processi penali e attuando il nuovo quadro anti-corruzione. Assicurare l'attuazione del nuovo quadro per la p.a e aumentare l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali. Affrontare le restrizioni alla concorrenza, compreso nel settore dei servizi, anche attraverso una nuova legge annuale sulla concorrenza.

GLI ANTIEUROPEI D'EUROPA - Bruxelles non può non fare i conti con i dati che emergono dall'Eurobarometro. L'appartenenza all'Ue è positiva solo per il 39% degli italiani. Anche se il dato è in ripresa, segnando +3% rispetto a soli sei mesi fa, resta il
terzo più basso d'Europa dietro croati (36%) e cechi (34%). Salgono al 44% (+5%) gli italiani che ritengono che questo abbia portato benefici. In media, il 60% degli europei ritiene sia una cosa buona che il loro Paese faccia parte dell'Ue, mentre più di due terzi ritengono che abbia portato vantaggi, record dal 1983. Il 56% dei cittadini europei ritiene che nell'Unione europea sia necessario un vero cambiamento e "che tale cambiamento possa essere condotto dai movimenti e dai partiti anti-establishment". Questa percentuale sale al 71% in Italia, superata solo dalla Croazia (72%). In Francia è il 48%, in
Germania il 44%, in Spagna il 69%.