Gente d'Italia

Dieci giovani ricercatori italiani premiati dalla Asco a Chicago: sono tra i migliori oncologi di tutto il mondo

Tra i vincitori del Merit Award 2018 della Conquer Cancer Foundation ci sono anche dieci italiani che stanno per ricevere il premio riservato ai giovani migliori oncologi di tutto il mondo. Ecco chi sono e per quali ricerche vengono premiati in questi giorni al meeting dell'American Society of Clinical Oncology (Asco) di Chicago.

Alessia Castellino, 30 anni
Lavora a Torino, nel reparto di Ematologia dell'Ospedale Città della Salute e della Scienza. Si occupa principalmente di linfomi, in ambito di assistenza clinica e di ricerca, e attualmente è alla Mayo Clinic (Rochester, MN) grazie a una borsa di studio. Ed è proprio un progetto di ricerca condotto in collaborazione tra la Mayo Clinic e la Fondazione Italiana Linfomi che è valso a Castellino il premio Asco. Obiettivo: valutare le tossicità e l'efficacia a
lungo termine di una terapia di combinazione tra la chemio-immunoterapia standard e un nuovo farmaco biologico nella cura dei linfomi a grandi cellule B di nuova diagnosi.

Luisa Carbognin, 33 anni
Sta facendo il dottorato presso l’Università di Verona e verrà premiata per una ricerca che ha come obiettivo quello di identificare le alterazioni genomiche responsabili della cattiva prognosi del carcinoma lobulare della mammella, un tipo di tumore al seno meno frequente e per alcuni aspetti ancora poco conosciuto. “I dati iniziali – spiega Carbognin – sembrano indicare che le anomalie genomiche di fattori molecolari coinvolti nel ciclo cellulare (chinasi ciclino-dipendenti) sono presenti con maggior frequenza nelle pazienti a cattiva prognosi. Considerando che una serie di nuovi farmaci a bersaglio molecolare diretti verso queste chinasi sono già utilizzati nella pratica clinica e molti altri sono in sviluppo, questi risultati aprono prospettive per una ulteriore implementazione della medicina personalizzata nel trattamento dei tumori”.

Francesca Battaglin, 33 anni
Lavora all’Istituto Oncologico Veneto IOV-IRCCS (Padova), all’interno del reparto di Tumori Gastrointestinali e ora sta svolgendo una ricerca al Norris Comprehensive Cancer Center, Keck School of Medicine presso la University ofSouthern California di Los Angeles. Lo studio per cui viene premiata riguarda un gruppo di geni che funzionano come una sorta di orologio interno, con il compito di regolare le attività delle cellule nell’arco delle 24 ore. “Sono gli stessi geni che controllano, per esempio, il ritmo sonno-veglia – spiega la ricercatrice – e la loro alterazione è associata a un maggiore rischio di diversi tumori, compreso il tumore del colon-retto”. Battaglia ha individuato una variante genetica associata a una ridotta risposta alla chemioterapia combinata con un farmaco antiangiogenetico chiamato bevacizumab. “Questo risultato – prosegue – contribuisce a far luce sul coinvolgimento dei ‘meccanismi dell’orologio cellulare’ nella resistenza tumorale nei confronti di una delle principali terapie oncologiche attualmente disponibili per il tumore del colon retto in stadio avanzato”.

Vincenza Conteduca, 37 anni
È il secondo Merit Award per Vincenza Conteduca, per un lavoro che prosegue quello che le è valso il premio lo scorso anno. L'argomento è lo studio di biomarcatori nel tumore della prostata per stabilire la cura migliore per ciascun paziente. È un progetto in collaborazione con l'Istituto Tumori della Romagna IRST IRCCS di Meldola (Forlì), Regno Unito e Spagna, che per il 2018 coinvolge anche la Cornell University di New York, dove Conteduca sta lavorando quest'anno. “Studiamo una alterazione genetica del recettore degli androgeni nel sangue di pazienti con il carcinoma della prostata”, spiega la ricercatrice: “Lo scorso anno ci siamo occupati di pazienti trattati con terapia ormonale, quest'anno di quelli trattati con la chemioterapia. Ora abbiamo una visione globale che spero ci aiuti a trattarli nella maniera più selettiva – e quindi migliore – possibile”.

Lisa Derosa, 35 anni
Premiata peril secondo anno consecutivo, Lisa Derosa si occupa del microbiota,cioè dei batteri che vivono nell’intestino, e della sua influenza sulle terapie anti-tumorali. Lo studio che Derosa presenterà all’Asco 2018 riguarda la possibilità, grazie a un semplice campione di feci, di identificare la presenza di batteri benefici all’interno della flora intestinale, in base alla quale stabilire quali potrebbero essere i pazienti affetti da tumore del rene più adatti per essere trattati con le nuove terapie immunitarie. “Un lavoro che apre la strada a nuove tecniche di personalizzazione del trattamento oncologico”, spiega Derosa. “Si trattadi un progetto prospettico, che conferma i risultati avuti da precedenti ricerche, che mostravano come gli antibiotici, probabilmente modificando la composizione batterica intestinale, riducano l’efficacia delle terapie immunitarie antitumorali in diversi tipi di tumore”.

Sandro Pasquali, 36 anni
Lavora nella Chirurgia dei Sarcomi dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e sta completando un dottorato in Oncologia Clinica e Sperimentale ed Immunologia all’Università di Padova. Lo studio per cui è premiato dimostra che l’impiego della chemioterapia precauzionale (fatta cioè all’inizio della storia clinica della malattia, appena
prima o appena dopo l’intervento) nei pazienti affetti da sarcoma ad alto rischio riduce del 20% la probabilità di morire. “Questo lavoro – spiega Pasquali - cambierà certamente lo stato dell’arte, aprendo la strada a nuove forme di terapia da associarsi al trattamento standard, per migliorare, in futuro, le probabilità per questi pazienti di guarire”.

Paolo Strati, 34 anni
Doppio premio per Paolo Strati all’Asco 2018. Il Merit Award per uno studio sulla leucemia linfatica cronica e il Young Investigator Award, con un finanziamento di 50mila dollari per uno studio clinico di fase precoce sempre in campo onco-ematologico. Strati si è formato a Milano, presso il San Raffaele, e dal 2012 è negli Usa, dove si è specializzato nella terapia delle leucemie. Oggi lavora all’Anderson Cancer Center di Houston, in Texas. Qui ha condotto uno studio che dimostra come i pazienti inr emissione completa, che non presentano cioè alcuna traccia di malattia residua, abbiano una sopravvivenza più lunga. “È importante, perché in realtà questo è un risultato che otteniamo solo in una porzione di pazienti. Negli altri la presenza di malattia residua crea una immunodeficienza che rende l’organismo più vulnerabile allo sviluppo di altri tumori”, spiega Strati. Proprio con lo scopo di eradicare la malattia residua, Strati vuole provare a potenziare l’azione di un farmaco già usato, ibrutinib, con altre molecole. Lo studio è stato finanziato dalla Fondazione di Asco, Conquer Cancer.

Pasquale Rescigno, 34 anni
Si è specializzato in Oncologia nel 2014 all'Università Federico II di Napoli e ha lavorato come ricercatore per tre anni a Londra presso l'Institute of Cancer Research e il Royal Marsden Hospital. Ora sta svolgendo un dottorato di ricerca a Londra, lavorando nel Prostate Targeted Therapy Group con Johann de Bono, uno degli esperti mondiali sul carcinoma della prostata. Lo studio presentato all'Asco dimostra che i carcinomi della prostata con la specifica mutazione di una proteina chiamata SPOP sono particolarmente sensibili a uno dei farmaci approvati per questo tumore, l’abiraterone. “Il mio auspicio –
racconta Rescigno – è di poter utilizzare le conoscenze ed esperienze acquisite a Londra e sviluppare una unità di ricerca sui tumori genito-urinari a Napoli, continuando la collaborazione con l'Institute of Cancer Research”.


Daniele Rossini, 30 anni
Per il secondo anno consecutivo arriva a Chicago Daniele Rossini, ricercatore del Reparto di Oncologia Medica di Pisa, guidato da Alfredo Falcone e da Chiara Cremolini. Lo studio che presenterà – promosso dal Gruppo Oncologico Nord-Ovest – si chiama CRICKET e approfondisce le possibilità di trattamento del tumore del colon-retto metastatico in
linee successive, andando inoltre ad analizzare il ruolo della biopsia liquida. In base ai risultati si evidenzia, per la prima volta, come riproporre, in pazienti selezionati, un trattamento con agenti biologici già effettuati all'esordio della malattia possa essere una alternativa promettente da approfondire con più vasti studi.

Matteo Lambertini, 32 anni
Avere una gravidanza dopo un tumore al seno del tipo Her2 positivo, trattato con la terapia target e con la chemioterapia, non sembra comportare rischi per la mamma né per il bambino. È il risultato della ricerca che presenterà ad Asco Matteo Lambertini, già premiato lo scorso anno. Il suo studio è la continuazione di un lungo lavoro sul tumore della mammella nelle giovani donne e sulla gravidanza, ed è parte del dottorato di ricerca presso Institut Jules Bordet (Bruxelles, Belgio), che segue la specialità in oncologia conseguita all’Ospedale San Martino di Genova. “Lo scorso anno ci eravamo concentrati sull'effetto di una gravidanza in chi aveva avuto tumori con recettori ormonali positivi. Questa è la prima volta che viene analizzata la popolazione di pazienti con tumore HER 2 positivo (che rappresenta circa il 20% dei casi, ndr.) rispetto ad eventuali rischi legati a una gravidanza dopo il tumore”, spiega il ricercatore: “Non abbiamo osservato una diminuzione della sopravvivenza per le pazienti, né un aumento di rischio di malformazione per i neonati”.

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